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Libri: Il Vangelo proibito, David Gibbins

vangelo

TRAMA:

Al largo della costa siciliana Jack Howard, un archeologo di fama mondiale, e il suo inseparabile collega, l’ingegnere Costas Kazantzakis, sono impegnati in un’immersione subacquea alla ricerca di un antico relitto, la nave che nel 60 d.C. portava san Paolo a Roma e naufragò nelle acque del Mediterraneo. Nel frattempo una scossa di terremoto apre un nuovo passaggio nella villa dei Papiri a Ercolano e riporta alla luce una camera segreta. È una scoperta sensazionale: potrebbe trattarsi dello studio privato dell’imperatore Claudio, il luogo dove avrebbe vissuto in incognito gli ultimi anni della sua vita per custodire un oscuro segreto. E così tra antiche cripte e templi dimenticati, pericoli, enigmi e rivelazioni, i due amici intraprendono un viaggio che, da Roma a Londra, dalla California a Gerusalemme, li porterà indietro nel tempo, fino all’alba della cristianità e a un misterioso, inestimabile documento che qualcuno vorrebbe sepolto per sempre…In Vaticano diranno le loro ultime preghiere.

LA MIA OPINIONE:

E se la nostra storia fosse basata su una menzogna? Questa la scritta che, sul retro del libro, vuole spingere la curiosità del lettore a fargli comprare il libro. In realtà questa scritta ci presenta già ottimamente l’opera che ci troviamo di fronte, che sembra fare dei “se” la sua attrattiva principale. Infatti, quello che l’autore ci presenta, sono una serie interminabile di “e se…” che lui ha voluto sviluppare.
Cosa sarebbe successo se… l’imperatore Claudio (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico per gli amici) avesse incontrato Gesù Cristo, nell’epoca in cui quest’ultimo iniziava a predicare?
E se l’avesse convinto a rilasciare un vangelo scritto, prevedendo come i suoi futuri seguaci avrebbero travisato le sue parole?
E se Claudio non fosse morto nel 54 D.C., come tutti noi sappiamo, ma avesse inscenato la propria dipartita per andare a vivere la vecchiaia in solitudine e tranquillità?
E se fosse andato a vivere ad Ercolano, dove è stato sorpreso dall’eruzione vulcanica nel 79 D.C.?
E se Plinio il Vecchio fosse stato, insieme ai suoi schiavi, l’unico a sapere che era vivo?
E se Claudio avesse lasciato a Plinio il Vecchio gli indizi per poter ritrovare il precedentemente nascosto Vangelo di Cristo?
E se, ai tempi nostri, un terremoto rivelasse un’area degli scavi di Ercolano ancora sconosciuta rimasta miracolosamente intatta, così da poter avviare questa caccia al tesoro?
E se la chiesa, per una serie di incredibilmente fortuite coincidenze, sapesse dell’esistenza di questo Vangelo fin dalla sua origine, e adesso avesse deciso che non vuole che le parole vergate dal suo Dio non vengano mai rivelate?
E se… insomma, avete capito l’antifona.

Questo libro è interamente costruito su una serie di se cui si fa sinceramente fatica a credere, su ancora più incredibili coincidenze, totalmente inarrivabili intuizioni geniali basate sul nulla, scoperte archeologiche favolose e miracolose ed eventi tirati uno dopo l’altro in modo quasi completamente scollegato.
La storia, di per sé di una banalità mostruosa – quanti ne abbiamo visti negli ultimi tempi di libri basati su questo identico concetto? Milioni. E di sicuro questo non è uno dei più brillanti – viene gestita anche male, facendo muovere i personaggi in modo poco realistico e con personalità già viste e già sentite (per dirne una, l’archeologo protagonista soffre di claustrofobia, ricorda nulla? Se avete letto i libri di Dan Brown dovrebbe esservi quantomeno familiare). La scrittura non è neance particolarmente scorrevole, solito pregio di questi romanzi senza troppe pretese, infatti fino a pagina 100/150 si compie un’estrema fatica ad andare avanti. Solo verso pagina 200 la storia comincia leggermente ad ingranare, e giusto nelle ultime 50 pagine si riesce a gustare per un effimero attimo la lettura.

Alla fine l’unica parte meritevole di non essere completamente svalutata è la fantasia dell’autore e la sua padronanza della storia. Non che ci si potrebbe aspettare di meno, visto che Gibbins è, apparentemente, prima di tutto un archeologo.
Chissà, forse viaggia così tanto con la fantasia e fa compiere ai suoi personaggi ritrovamente al limite del possibile proprio perché il suo lato archeologo non è soddisfatto dagli scavi archeologici reali. E per questo riesco quasi a provare tenerezza per lui.

Lasciamo la parola alla povera Lhyà, che questa volta è uscita veramente poco soddisfatta dal nutrimento ricevuto.

il vangelo proibito

Recensione libri: L’Uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Oliver Sacks

cappello

Prima recensione libresca dopo due anni! Spero solo di non essere troppo arruginita…
Che poi in realtà non c’è molto da recensire, ma voglio parlarne comunque.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un saggio neurologico, una raccolta di casi di lesioni encefaliche di vario tipo con cui il famoso neurologo si è trovato ad avere a che fare nell’arco della sua carriera.
Non so se sono stati i casi più formativi della sua esperienza di neurologo, i più impressi nella sua mente o, semplicemente, i più particolari. Quel che è probabile è che, per ogni tipo di lesione di cui ci vuole parlare, per ogni approfondimento che ci vuole porre, sono stati i più emblematici ed esemplificativi.

Il libro si divide in quattro sezioni, ognuna dedicata ad un tipo di pazienti e di patologie differenti, ognuna presentata da una prefazione che ci anticipa alcuni casi, evidenziando questo o quel dettaglio interessante con cui ci ritroveremo a che fare di lì a poco.
Sacks scrive in modo esemplare, romanza il grottesco e l’inquietante – perché, per quanta pena ed empatia ci possano trasmettere gli sfortunati pazienti di cui ci racconta, pur sempre grottesco ed inquietante ci apparirà la loro esistenza, la loro stessa possibilità, il fatto che un giorno, di punto in bianco, certe patologie potrebbero “risvegliarsi” anche in noi, e non c’è forse cosa al mondo capace di inquietare di più la mente di una persona in buona salute  – al punto che riesce quasi diffcile credere ai casi più estremi.
Il racconto che da il titolo al romanzo, ad esempio, risulta così accattivante nella scrittura, e allo stesso tempo così assolutamente lontano dalla esperienza quotidiana di qualsiasi persona normale, da apparire quasi inconcepibile, un frutto della fervida immaginazione dell’autore. Forse proprio per questo è il primo di questa raccolta: ci mette subito di fronte con l’estrema follia che può raggiungere questa sfilza di casi neurologici, ci costringe fin da subito ad accettare l’inconcepibile. Non ci viene chiaramente detto, ma solo se riusciamo ad accettare che Sacks non ci sta prendendo in giro quando ci racconta di un uomo che ha effettivamente fisicamente scambiato la moglie accanto a lui con un cappello da mettersi in testa, possiamo preseguire, accettando passivamente l’abisso degli orrori in cui la mente umana può gettarci.

E così faremo la conoscenza, ma anche amicizia, grazie all’empatia naturale che Sacks sembra provare con i suoi pazienti e trasmetterci attraverso le sue parole, con ogni tipo di persone: donne che hanno perso la propriocezione – ecco, sì, scopriremo anche dell’esistenza di questo “sesto senso” vitale eppure sconosciuto ai più -, autistici artisti, persone ferme ad un giorno passato della loro vita, persone che si identificano con i propri tic, e tanto altro ancora.

La lettura di questo saggio è piacevole e scorrevole. Gli orrori della mente acquistano una loro forma, e acquisiscono anche fascino e passione nella loro inquietudine. Soprattutto, leggere della forza di alcuni soggetti nel cercare di riprendersi, così come della simpatia che riescono, nonostante tutto, a suscitare in chi gli sta intorno, fa nascere una luce in questa oscurità.

In sostanza, che dire? Una lettura consigliatissima a chiunque sia anche solo superficialmente interessato all’argomento. Un libro ben scritto, appassionante e sicuramente interessante.

VOTO: 8/10

Etnacomics 2014

Lo scorso finesettimana io e il moroso abbiamo affrontato un viaggio infinito per recarci a quella che sicuramente è considerabile la più importante fiera del fumetto e tutto il resto siciliana: l’etnacomics.
Dopo due ore e mezza di viaggio,  con il podcast dei Gamefathers a farci compagnia, dopo esserci sistemati al B&B e aver fatto una passeggiata fino al centro fieristico “le ciminiere” (il culo di aver trovato posto in un B&B a sette minuti a piedi dalla fiera), finalmente arriviamo.

Ovviamente la mia prima tappa è il padiglione Shockdom, IMG_20140607_124301dove noto quella che mi sembra una fila abbordabile per ricevere una dedica da Bigio, l’autore di Drizzit. In realtà, tra acquisto di un volume e fila passano tre quarti d’ora buoni, ma l’emozione quando finalmente mi ritrovo faccia a faccia con lui è tale che mi dimentico persino i nomi dei personaggi. L’imbarazzo più totale – c’è stato un dialogo del tipo: “Che cosa vuoi disegnato?”, “Katy!”, “Ah, anche tu?”, “Eh, sì, visto che online tifano tutti per, ehm… cosa, lì, l’altra….”. Mi avrà presa per deficiente – ma alla fine me ne esco vittoriosa con la mia dedica. E, davvero, vederlo disegnare dal vivo è stato unico, e mi è dispiaciuto solo che il rincoglionimento mi ha impedito di dedicare l’attenzione che si meritavano anche agli altri autori shockdom.

A quel punto cominciamo a guardarci intorno. Avrei voglia di comprare di tutto e di più, ma i soldi voglio conservarmeli per qualcosa di speciale. Facciamo un giro, e becchiamo di sfuggita la mia coppia di youtuber preferiti: Raiden e Midna di Playerinside. Riesco a scambiarci giusto due parole mentre gli stringo la mano, facendo l’ennesima figura di popò – “Ciao, Carmen!”, “Oh, wow, ti ricordi il mio come, io… wow”, di nuovo paralizzata dall’emozione – prima di dover scappare sperando di beccarlo più tardi per fare una foto. Ovviamente non li becco più.

Finalmente, ora, prima di cercare i nostri amici, l’attenzione è tutta dedicata agli stand e agli acquisti che volevamo fare.
Invece, già dall’ingresso al piano degli stand di gadget, diventa evidente che i pokemon sono decisamente la moda dell’anno – sono la moda di sempre, se lo chiedi a me, ma l’anno scorso non sembravano essere in tanti a pensarla così. Ci sono robe pokemon ovunque. Quindi, superando il budget prefisso, prendo una splendida felpa di Umbreon. Con le orecchie. La figata totale.
Poi arriva il terzo piano. Il piano dedicato al videogioco, al gioco di ruolo, di carte, di miniature e chi più ne ha più ne metta. Compro un D20, poi arriviamo ai manuali. Tantissimi manuali.
Premessa: io sono malata di Dragonlance, il mio primo vero amore fantasy. Ho sempre cercato i manuali dell’ambientazione D&D, fino a che, a gennaio, li trovai in un piccolo negozio a Roma. Con un sovrapprezzo sul prezzo di copertina di 40 euro circa, in quanto pezzi da collezione.
Si può quindi capire come mi avvicinai tremante al reparto manuali e come sussultai quando mi ritrovai davanti uno dei manuali di questa ambientazione. E, soprattutto, l’emozione che provai quando mi disse che il prezzo non era quello di copertina… c’era un 30% di sconto. Ovviamente, è diventato subito mio.

In tutto ciò, si era ormai fatta ora di pranzo più che inoltrata, perciò decidemmo di raggiungere i nostri amici nell’area japan. Pranziamo, riprendiamo il nostro giro. Sono ormai le due, e alle tre e mezza abbiamo intenzione di piantarci nell’area firme per prepararci all’arrivo di Ortolani e Manara.Troviamo anche un padiglione dove, a fine giornata, il mio ragazzo si comprerà un trasformers e regalerà un pupazzo gattopalla a me.

Dopo aver girato in lungo e in largo, andiamo all’area firme, dove stanno intervistando Don Alemanno di Jenus e Giacomo Bevilacqua di A panda piace. Assistiamo ad una mezzoretta di conferenza, e finalmente arriva il momento delle firme. L’orda parte all’attacco prima ancora dell’arrivo dei disegnatori più famosi. leoIo e Marco ci dobbiamo separare per dover fare le due file separatamente, io mi ritrovo in fondo alla sala, con un sacco di cinque chili in un braccio, un fumetto di rat-man che cerco disperatamente di non distruggere, e una calca sudata e puzzolente che mi preme da tutte le parti.
L’arrivo dei disegnatori è accolto da un caloro applauso – Leo Ortolani ha acquisito tanti, ma davvero tanti, punti simpatia per un paio di amichevoli scenette con i fan. Seguiono due ore di fila, mi faccio fare un disegnino del panda visto che Bevilacqua sembra piuttosto sfaccendato, finalmente ne usciamo, doloranti ma, ancora una volta, trionfanti e soddisfatti.

A questo punto facciamo gli ultimi giri, gli ultimi acquisti (Marco mi regala un paio di chopstick di Star Wars, io mi regalo il primo libro di una trilogia di Dragonlance fuori stampa e introvabile da un po’ di tempo), e a questo punto, esausti, andiamo a posare tutto in albergo, con la promessa di rivederci per cena con gli amici.

Morale della favola? E’ stata una fiera favolosa, piena di tutto quello che dovrebbe esserci in una fiera. Fumetti, fumettisti, incontri con disegnatori – conosciuti e non – chiacchiere con sconosciuti dalle stesse passioni, acquisti di cose che fuori di qui ci sognamo… e tanta, tanta stanchezza.
E ora sono a casa, ancora con le bracce doloranti dopo due giorni, ma ancora tanto, tanto soddisfatta.

Foto con il mio bottino al completo di questa fiera!

Foto con il mio bottino al completo di questa fiera!

Recensione Libri: Cinquanta Sfumature di Grigio, E. L. James

Ok, dunque. Recensire questo libro, per me, oggi, sarà un’impresa difficile.
Non perché sono contrastata tra un perverso piacere provato nel leggerlo ed un odio superficiale. Tutt’altro. Perché voglio mantenere un certo livello di obiettività, e con questo libro non sembra essere una cosa facile.
Basta guardarsi intorno. La maggior parte delle reazioni negative è stata di tre tipi:
– l’orda delle femministe indignate. “Ma come, abbiamo lottato anni per i nostri diritti e poi ci viene propinata questa pappina in cui si loda la sottomissione della donna!“. A me questa reazione fa ridere. E’ come dire che abbiamo lottato per anni per rendere illegale la pedofilia, eppure ancora si trova Lolita nelle librerie. Sì, per carità, Lolita è un capolavoro e questo è un orrore letterario, ma non credo si possa concedere la libertà di stampa solo se il valore dell’opera è alto. Inoltre, non sono nemmeno d’accordo nel sostenere che è un libro maschisilsta che sostiene che la donna debba essere sottomessa. La sottomissione di cui si parla in questo libro è una sottomissione sessuale, e se a qualcuno piace, affari suoi. Di certo non devo essere io a giudicare i gusti sessuali della scrittrice o dei lettori;
– l’ondata degli offesi dal marketing – di cui, lo ammetto, faccio parte. Quelli che “Ci stanno rompendo le palle con tutta questa pubblicità“. Parole sante, ma di certo non è colpa del libro in sé e per sé, quindi cerchiamo di dimenticarci tutto questo osceno rimbalzo mediatico a cui siamo stati sottoposti;
– infine, i delusi, quelli che “Mah, dicevano che era il libro sul sadomaso per eccellenza, eppure ci sono a malapena qualche sculacciata e giusto un paio di manette. Dicevano che era un libro erotico ma non si basa solo sul sesso. Dicevano che…“. Ebbene, anche qui, secondo me, la colpa non è del libro. E’ colpa di questa malata manovra di marketing che è stata attuata per portare le vendite alle stelle. La manovra è riuscita, e, come detto sopra, non si può non esserne irritati. Ma io me la prendo col pubblicitario, non con un libro che di certo non ha chiesto di essere pubblicizzato in questo modo.
Sì, ho un punto di vista piuttosto malato, lo so.

Fatta questa premessa, andiamo finalmente a parlare del libro vero e proprio.

LA SCRITTURA

La scrittura è indubbiamente scorrevole, e so che per molti questo è un pregio. A me, purtroppo, non basta.
Non mi basta che la scrittura sia scorrevole se questo effetto è dato da una velocità quasi riassuntiva della narrazione. Nelle prime pagine particolarmente, anche se per fortuna quest’effetto si attenua andando avanti, si ha l’impressione di stare leggendo il riassunto del riassunto del diario di un’adolescente raccontato alla compagna di banco durante i quindici minuti di intervallo. Le frasi smozzate scorrono velocemente, raccontando senza emozioni e senza accenti una storia che quasi sembra essere quella di qualcun altro. Uno stile che di per sé non è male, ma che personalmente trovo totalmente inadatto per un racconto in prima persona di un’esperienza amorosa.
Il registro linguistico, poi, è ripetitivo, ridondante, scarno e privo di variazioni. Anche qui, visto che la voce narrante si vanta di essere una letterata, ci si potrebbe aspettare di meglio. Un esempio tra tutti, portato da molti recensori, è il modo in cui la cara Ana definisce le proprie intimità.
Le parti intime, le parti basse, le pudenda, la vagina, l’apparato riproduttivo, la fica, il frutto proibito, la vulva, il sesso femminile, la patata, i genitali femminili, l’organo sessuale… sono semplicemente , scritto rigorosamente in corsivo.
Lei prova piacere , lui la tocca , lei sente fremere, lui la bacia , lei… di nuovo sente fremere . Eccetera. Solo, sempre e comunque, .
Scelta che potrebbe anche andare bene finché è una casta e virginea ragazza che non sa neanche cosa vuol dire “toccarsi“. Ma quando si trasforma in una regina del sesso ventiquattro ore su ventiquattro, ad un certo punto, potrebbe anche diventare giusto leggermente più spudorata. Cambiare proprio un pelo il registro linguistico. Perché, sinceramente, alla cinquecentesima volta che leggo “Lui mi toccò , proprio “, ho voglia di prendere il libro e lanciarlo dalla finestra.
Ovviamente il problema del registro linguistico non è un problema solo di questo termine, ma questo è il caso più eclatante dell’intero libro.

I PERSONAGGI

Ho letto, in giro, chi ritiene che “Noi donne leggiamo questo libro solo per Grey. E’ affascinante, è bello e misterioso, è il prototipo dell’uomo che vorremmo avere. Questi libri si fanno leggere solo per lui“.
Indubbiamente il caro Mr. Grey ottimo direi – è reso come un personaggio affascinante, carismatico, magnetico. Ma di qui a dire che è un personaggio reso talmente bene da farci andare avanti nella storia solo per lui… no comment.
Tutti i personaggi, in questo romanzo, mancano, per non dire di intelligenza, di logica narrativa.
Analizziamoli nel dettaglio.
GREY: una pagina le dice “Devi starmi lontana Anastasia, non sono il tipo per te” (suona familiare? No? Beati voi), tre pagine dopo le regala libri dal valore superiore ai ventimila dollari. Facile starti lontano così, no? Ovviamente la scusa è sempre quella del “Hai qualcosa a cui non riesco a resistere, non riesco a starti lontano“. Ma vaffanculo.
Non ci dimentichiamo poi che lui “non dorme con nessuno“, e ogni singola volta che capita l’occasione dormono insieme. Lui “non fa l’amore. Fotte… senza pietà“, dichiara, per poi pregarla, cinque minuti dopo, di fare l’amore.
E non venitemi a dire che è perché ne è innamorato, grazie. Uno non si innamora e non butta all’aria trent’anni di pratiche e solide convinzioni dopo due incontri.
E non sto a sottolineare il fatto che, più che una sottomessa, quest’uomo vuole una bambina. “Mangia“. “Asciugati i capelli“. “Lavati i denti“. Ma che cazz…

ANASTASIA: ci viene presentata come un’handicappata con poche capacità motorie. La prima cosa che fa appena entrata nell’ufficio di Grey è cadere e stare cinque minuti prostrata nel suo ufficio prima di capire da che parte sta il sopra e da che parte sta il sotto. Poche pagine dopo inciampa e rischia di essere falciata da un ciclista, giusto in tempo per farsi prendere al volo da Mr. Grey – ottimo direi – e regalarci una scena strappalacrime in cui lei freme per essere baciata e lui la respinge malamente. Poi, a quanto pare, l’escamotage delle cadute non è più necessario. Nelle restanti seicento pagine di libro, infatti, non inciampa più. Neanche quando si ritrova a correre con i tacchi alti per un giardino infangato.
Poi. Alla prima volta che piange la sua migliore amica comincia a strillare “Che succede Ana?! Perché piangi? Tu non piangi mai!“. Piange tra le otto e le undici volte nel libro, a volte più di una volta al giorno. Dico, ma se ci vuoi rappresentare un’eroina forte e dura, è così difficile cercare di mostrarcela in questo modo?
Ana, infine, ci viene descritta come una donna di cultura, una neolaureata in letteratura con un bagaglio culturale non indifferente. Lei legge solo classici, lei è l’ultima Bohèmienne dei nostri tempi, lei è la donna più intelligente che tutti gli altri personaggi del libro conoscono. Poi, quando alla radio Grey mette Verdi, non solo non lo riconosce (cosa che ci può anche stare, non sono così pretenziosa), ma lo cambia con una canzone di Britney Spears.
Tu, scrittrice, vuoi che odio svisceratamente il tuo personaggio.

LA MIGLIORE AMICA DI ANA: prima lancia l’amica tra le braccia del bello, ricco e misterioso Grey, poi non fa che dirle di stargli alla larga. Cerca di farlo incazzare con lei dicendo che vuole proteggerla. Poi, ad un certo punto, parte dicendo che le dispiace lasciarla in un momento difficile, ma non riesce neanche a trovare trenta secondi per farle una telefonata e assicurarsi che non sia morta.

Potrei continuare così per ore, analizzando ogni singolo personaggio fino a concludere con le semplici comparse del libro: tutti, infatti, sono costruiti sulla stessa falsariga dei precedenti.

LE SCENE DI SESSO

Probabilmente quelle descritte meglio. Sono state quelle che, all’inizio, un po’ mi hanno intrigata e un po’ colpita, stile scarno e registro linguistico ripetitivo a parte.
Dopo la terza volta che fanno sesso, però, ci ritroviamo di fronte ad un grave problema. Diventa cioè presto evidente che la cara E. L. James o ha visto troppi porno, o ha solo una vaga idea di come funzioni un uomo. O forse la vaga idea ce l’ho io, boh, ma a me un tizio che riesce a fare sesso cinque volte a distanza di pochi minuti l’una dall’altra risulta poco credibile. O gravemente malato.
Io al posto di Ana un controllino glielo suggerirei.

Questo tizio fa invidia persino al mitico Barney Stinson. Solo che persino Barney ogni tanto si stanca…

LA STORIA

Ecco, andiamo al punto dolente del libro.
Perché, parliamoci chiaro: al fatto che non mi sarebbe piaciuta la scrittura, che mi avrebbero irritato i personaggi, e a tutto il resto di cui ho parlato, ero preparata. Ma al fatto che la storia mi avrebbe totalmente, completamente e definitivamente annoiata… no.
Tralasciando le suddette scene di sesso che ravvivano un po’ il mortorio di questa storia, il resto del romanzo, per me, è un buco nero. Nonostante lo stile scorrevole mi trascinavo avanti a fatica, e più di una volta mi fermavo chiedendomi “Ma che diavolo sto leggendo? Perché non succede nulla?“.
Noioso.
Chi lo sa, forse perché è la copia sputata di Twilight – senza vampiri ricoperti di brillantina e con il sesso -, forse perché ad ogni dialogo con lui o con gli amici di lei che ci provavano pensavo: “Battuta già usata. Situazione già sentita. Stessa identica cosa di Twilight“.  Neanche Twilight, per l’appunto, era riuscito a schifarmi ed annoiarmi tanto.
Abbiamo dozzine di pagine di seghe mentali di lei, intervallate dagli incontri sessuali con lui, durante i quali lei butta all’aria tutte le precedenti seghe mentali, le riflessioni e le decisioni che aveva preso. Poi, appena lui sparisce, ritornano le seghe mentali.
Abbiamo un contratto tra amanti che ci è stato fatto leggere quattro fottutissime volte, e che alla fine lei neanche firma.
Abbiamo altre seghe mentali, lacrimoni, piagnistei, lei che chiede cose e quando le ottiene frigna, lui che è tutto “No, stammi lontana, ma non ti allontanare troppo da me“, gli amici che “Tu sei l’unica donna che voglio, anche se mi rifiuti da cinque anni non voglio cercare una delle altre migliaia di donne al mondo disposte a darmela“, la famiglia che è tutta “Ricordati sempre che noi ci siamo, però vedi di chiamarci tu che alzare la cornetta per sapere come stai mi secca troppo“.
Insomma, abbiamo tutta una serie di cose che, alla fine, per me, rendono questo libro totalmente illegibile.

E saluti all’obbiettività.

VOTO: 2,5/10