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Libri: Il Vangelo proibito, David Gibbins

vangelo

TRAMA:

Al largo della costa siciliana Jack Howard, un archeologo di fama mondiale, e il suo inseparabile collega, l’ingegnere Costas Kazantzakis, sono impegnati in un’immersione subacquea alla ricerca di un antico relitto, la nave che nel 60 d.C. portava san Paolo a Roma e naufragò nelle acque del Mediterraneo. Nel frattempo una scossa di terremoto apre un nuovo passaggio nella villa dei Papiri a Ercolano e riporta alla luce una camera segreta. È una scoperta sensazionale: potrebbe trattarsi dello studio privato dell’imperatore Claudio, il luogo dove avrebbe vissuto in incognito gli ultimi anni della sua vita per custodire un oscuro segreto. E così tra antiche cripte e templi dimenticati, pericoli, enigmi e rivelazioni, i due amici intraprendono un viaggio che, da Roma a Londra, dalla California a Gerusalemme, li porterà indietro nel tempo, fino all’alba della cristianità e a un misterioso, inestimabile documento che qualcuno vorrebbe sepolto per sempre…In Vaticano diranno le loro ultime preghiere.

LA MIA OPINIONE:

E se la nostra storia fosse basata su una menzogna? Questa la scritta che, sul retro del libro, vuole spingere la curiosità del lettore a fargli comprare il libro. In realtà questa scritta ci presenta già ottimamente l’opera che ci troviamo di fronte, che sembra fare dei “se” la sua attrattiva principale. Infatti, quello che l’autore ci presenta, sono una serie interminabile di “e se…” che lui ha voluto sviluppare.
Cosa sarebbe successo se… l’imperatore Claudio (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico per gli amici) avesse incontrato Gesù Cristo, nell’epoca in cui quest’ultimo iniziava a predicare?
E se l’avesse convinto a rilasciare un vangelo scritto, prevedendo come i suoi futuri seguaci avrebbero travisato le sue parole?
E se Claudio non fosse morto nel 54 D.C., come tutti noi sappiamo, ma avesse inscenato la propria dipartita per andare a vivere la vecchiaia in solitudine e tranquillità?
E se fosse andato a vivere ad Ercolano, dove è stato sorpreso dall’eruzione vulcanica nel 79 D.C.?
E se Plinio il Vecchio fosse stato, insieme ai suoi schiavi, l’unico a sapere che era vivo?
E se Claudio avesse lasciato a Plinio il Vecchio gli indizi per poter ritrovare il precedentemente nascosto Vangelo di Cristo?
E se, ai tempi nostri, un terremoto rivelasse un’area degli scavi di Ercolano ancora sconosciuta rimasta miracolosamente intatta, così da poter avviare questa caccia al tesoro?
E se la chiesa, per una serie di incredibilmente fortuite coincidenze, sapesse dell’esistenza di questo Vangelo fin dalla sua origine, e adesso avesse deciso che non vuole che le parole vergate dal suo Dio non vengano mai rivelate?
E se… insomma, avete capito l’antifona.

Questo libro è interamente costruito su una serie di se cui si fa sinceramente fatica a credere, su ancora più incredibili coincidenze, totalmente inarrivabili intuizioni geniali basate sul nulla, scoperte archeologiche favolose e miracolose ed eventi tirati uno dopo l’altro in modo quasi completamente scollegato.
La storia, di per sé di una banalità mostruosa – quanti ne abbiamo visti negli ultimi tempi di libri basati su questo identico concetto? Milioni. E di sicuro questo non è uno dei più brillanti – viene gestita anche male, facendo muovere i personaggi in modo poco realistico e con personalità già viste e già sentite (per dirne una, l’archeologo protagonista soffre di claustrofobia, ricorda nulla? Se avete letto i libri di Dan Brown dovrebbe esservi quantomeno familiare). La scrittura non è neance particolarmente scorrevole, solito pregio di questi romanzi senza troppe pretese, infatti fino a pagina 100/150 si compie un’estrema fatica ad andare avanti. Solo verso pagina 200 la storia comincia leggermente ad ingranare, e giusto nelle ultime 50 pagine si riesce a gustare per un effimero attimo la lettura.

Alla fine l’unica parte meritevole di non essere completamente svalutata è la fantasia dell’autore e la sua padronanza della storia. Non che ci si potrebbe aspettare di meno, visto che Gibbins è, apparentemente, prima di tutto un archeologo.
Chissà, forse viaggia così tanto con la fantasia e fa compiere ai suoi personaggi ritrovamente al limite del possibile proprio perché il suo lato archeologo non è soddisfatto dagli scavi archeologici reali. E per questo riesco quasi a provare tenerezza per lui.

Lasciamo la parola alla povera Lhyà, che questa volta è uscita veramente poco soddisfatta dal nutrimento ricevuto.

il vangelo proibito

Recensione Libri: Cinquanta Sfumature di Grigio, E. L. James

Ok, dunque. Recensire questo libro, per me, oggi, sarà un’impresa difficile.
Non perché sono contrastata tra un perverso piacere provato nel leggerlo ed un odio superficiale. Tutt’altro. Perché voglio mantenere un certo livello di obiettività, e con questo libro non sembra essere una cosa facile.
Basta guardarsi intorno. La maggior parte delle reazioni negative è stata di tre tipi:
– l’orda delle femministe indignate. “Ma come, abbiamo lottato anni per i nostri diritti e poi ci viene propinata questa pappina in cui si loda la sottomissione della donna!“. A me questa reazione fa ridere. E’ come dire che abbiamo lottato per anni per rendere illegale la pedofilia, eppure ancora si trova Lolita nelle librerie. Sì, per carità, Lolita è un capolavoro e questo è un orrore letterario, ma non credo si possa concedere la libertà di stampa solo se il valore dell’opera è alto. Inoltre, non sono nemmeno d’accordo nel sostenere che è un libro maschisilsta che sostiene che la donna debba essere sottomessa. La sottomissione di cui si parla in questo libro è una sottomissione sessuale, e se a qualcuno piace, affari suoi. Di certo non devo essere io a giudicare i gusti sessuali della scrittrice o dei lettori;
– l’ondata degli offesi dal marketing – di cui, lo ammetto, faccio parte. Quelli che “Ci stanno rompendo le palle con tutta questa pubblicità“. Parole sante, ma di certo non è colpa del libro in sé e per sé, quindi cerchiamo di dimenticarci tutto questo osceno rimbalzo mediatico a cui siamo stati sottoposti;
– infine, i delusi, quelli che “Mah, dicevano che era il libro sul sadomaso per eccellenza, eppure ci sono a malapena qualche sculacciata e giusto un paio di manette. Dicevano che era un libro erotico ma non si basa solo sul sesso. Dicevano che…“. Ebbene, anche qui, secondo me, la colpa non è del libro. E’ colpa di questa malata manovra di marketing che è stata attuata per portare le vendite alle stelle. La manovra è riuscita, e, come detto sopra, non si può non esserne irritati. Ma io me la prendo col pubblicitario, non con un libro che di certo non ha chiesto di essere pubblicizzato in questo modo.
Sì, ho un punto di vista piuttosto malato, lo so.

Fatta questa premessa, andiamo finalmente a parlare del libro vero e proprio.

LA SCRITTURA

La scrittura è indubbiamente scorrevole, e so che per molti questo è un pregio. A me, purtroppo, non basta.
Non mi basta che la scrittura sia scorrevole se questo effetto è dato da una velocità quasi riassuntiva della narrazione. Nelle prime pagine particolarmente, anche se per fortuna quest’effetto si attenua andando avanti, si ha l’impressione di stare leggendo il riassunto del riassunto del diario di un’adolescente raccontato alla compagna di banco durante i quindici minuti di intervallo. Le frasi smozzate scorrono velocemente, raccontando senza emozioni e senza accenti una storia che quasi sembra essere quella di qualcun altro. Uno stile che di per sé non è male, ma che personalmente trovo totalmente inadatto per un racconto in prima persona di un’esperienza amorosa.
Il registro linguistico, poi, è ripetitivo, ridondante, scarno e privo di variazioni. Anche qui, visto che la voce narrante si vanta di essere una letterata, ci si potrebbe aspettare di meglio. Un esempio tra tutti, portato da molti recensori, è il modo in cui la cara Ana definisce le proprie intimità.
Le parti intime, le parti basse, le pudenda, la vagina, l’apparato riproduttivo, la fica, il frutto proibito, la vulva, il sesso femminile, la patata, i genitali femminili, l’organo sessuale… sono semplicemente , scritto rigorosamente in corsivo.
Lei prova piacere , lui la tocca , lei sente fremere, lui la bacia , lei… di nuovo sente fremere . Eccetera. Solo, sempre e comunque, .
Scelta che potrebbe anche andare bene finché è una casta e virginea ragazza che non sa neanche cosa vuol dire “toccarsi“. Ma quando si trasforma in una regina del sesso ventiquattro ore su ventiquattro, ad un certo punto, potrebbe anche diventare giusto leggermente più spudorata. Cambiare proprio un pelo il registro linguistico. Perché, sinceramente, alla cinquecentesima volta che leggo “Lui mi toccò , proprio “, ho voglia di prendere il libro e lanciarlo dalla finestra.
Ovviamente il problema del registro linguistico non è un problema solo di questo termine, ma questo è il caso più eclatante dell’intero libro.

I PERSONAGGI

Ho letto, in giro, chi ritiene che “Noi donne leggiamo questo libro solo per Grey. E’ affascinante, è bello e misterioso, è il prototipo dell’uomo che vorremmo avere. Questi libri si fanno leggere solo per lui“.
Indubbiamente il caro Mr. Grey ottimo direi – è reso come un personaggio affascinante, carismatico, magnetico. Ma di qui a dire che è un personaggio reso talmente bene da farci andare avanti nella storia solo per lui… no comment.
Tutti i personaggi, in questo romanzo, mancano, per non dire di intelligenza, di logica narrativa.
Analizziamoli nel dettaglio.
GREY: una pagina le dice “Devi starmi lontana Anastasia, non sono il tipo per te” (suona familiare? No? Beati voi), tre pagine dopo le regala libri dal valore superiore ai ventimila dollari. Facile starti lontano così, no? Ovviamente la scusa è sempre quella del “Hai qualcosa a cui non riesco a resistere, non riesco a starti lontano“. Ma vaffanculo.
Non ci dimentichiamo poi che lui “non dorme con nessuno“, e ogni singola volta che capita l’occasione dormono insieme. Lui “non fa l’amore. Fotte… senza pietà“, dichiara, per poi pregarla, cinque minuti dopo, di fare l’amore.
E non venitemi a dire che è perché ne è innamorato, grazie. Uno non si innamora e non butta all’aria trent’anni di pratiche e solide convinzioni dopo due incontri.
E non sto a sottolineare il fatto che, più che una sottomessa, quest’uomo vuole una bambina. “Mangia“. “Asciugati i capelli“. “Lavati i denti“. Ma che cazz…

ANASTASIA: ci viene presentata come un’handicappata con poche capacità motorie. La prima cosa che fa appena entrata nell’ufficio di Grey è cadere e stare cinque minuti prostrata nel suo ufficio prima di capire da che parte sta il sopra e da che parte sta il sotto. Poche pagine dopo inciampa e rischia di essere falciata da un ciclista, giusto in tempo per farsi prendere al volo da Mr. Grey – ottimo direi – e regalarci una scena strappalacrime in cui lei freme per essere baciata e lui la respinge malamente. Poi, a quanto pare, l’escamotage delle cadute non è più necessario. Nelle restanti seicento pagine di libro, infatti, non inciampa più. Neanche quando si ritrova a correre con i tacchi alti per un giardino infangato.
Poi. Alla prima volta che piange la sua migliore amica comincia a strillare “Che succede Ana?! Perché piangi? Tu non piangi mai!“. Piange tra le otto e le undici volte nel libro, a volte più di una volta al giorno. Dico, ma se ci vuoi rappresentare un’eroina forte e dura, è così difficile cercare di mostrarcela in questo modo?
Ana, infine, ci viene descritta come una donna di cultura, una neolaureata in letteratura con un bagaglio culturale non indifferente. Lei legge solo classici, lei è l’ultima Bohèmienne dei nostri tempi, lei è la donna più intelligente che tutti gli altri personaggi del libro conoscono. Poi, quando alla radio Grey mette Verdi, non solo non lo riconosce (cosa che ci può anche stare, non sono così pretenziosa), ma lo cambia con una canzone di Britney Spears.
Tu, scrittrice, vuoi che odio svisceratamente il tuo personaggio.

LA MIGLIORE AMICA DI ANA: prima lancia l’amica tra le braccia del bello, ricco e misterioso Grey, poi non fa che dirle di stargli alla larga. Cerca di farlo incazzare con lei dicendo che vuole proteggerla. Poi, ad un certo punto, parte dicendo che le dispiace lasciarla in un momento difficile, ma non riesce neanche a trovare trenta secondi per farle una telefonata e assicurarsi che non sia morta.

Potrei continuare così per ore, analizzando ogni singolo personaggio fino a concludere con le semplici comparse del libro: tutti, infatti, sono costruiti sulla stessa falsariga dei precedenti.

LE SCENE DI SESSO

Probabilmente quelle descritte meglio. Sono state quelle che, all’inizio, un po’ mi hanno intrigata e un po’ colpita, stile scarno e registro linguistico ripetitivo a parte.
Dopo la terza volta che fanno sesso, però, ci ritroviamo di fronte ad un grave problema. Diventa cioè presto evidente che la cara E. L. James o ha visto troppi porno, o ha solo una vaga idea di come funzioni un uomo. O forse la vaga idea ce l’ho io, boh, ma a me un tizio che riesce a fare sesso cinque volte a distanza di pochi minuti l’una dall’altra risulta poco credibile. O gravemente malato.
Io al posto di Ana un controllino glielo suggerirei.

Questo tizio fa invidia persino al mitico Barney Stinson. Solo che persino Barney ogni tanto si stanca…

LA STORIA

Ecco, andiamo al punto dolente del libro.
Perché, parliamoci chiaro: al fatto che non mi sarebbe piaciuta la scrittura, che mi avrebbero irritato i personaggi, e a tutto il resto di cui ho parlato, ero preparata. Ma al fatto che la storia mi avrebbe totalmente, completamente e definitivamente annoiata… no.
Tralasciando le suddette scene di sesso che ravvivano un po’ il mortorio di questa storia, il resto del romanzo, per me, è un buco nero. Nonostante lo stile scorrevole mi trascinavo avanti a fatica, e più di una volta mi fermavo chiedendomi “Ma che diavolo sto leggendo? Perché non succede nulla?“.
Noioso.
Chi lo sa, forse perché è la copia sputata di Twilight – senza vampiri ricoperti di brillantina e con il sesso -, forse perché ad ogni dialogo con lui o con gli amici di lei che ci provavano pensavo: “Battuta già usata. Situazione già sentita. Stessa identica cosa di Twilight“.  Neanche Twilight, per l’appunto, era riuscito a schifarmi ed annoiarmi tanto.
Abbiamo dozzine di pagine di seghe mentali di lei, intervallate dagli incontri sessuali con lui, durante i quali lei butta all’aria tutte le precedenti seghe mentali, le riflessioni e le decisioni che aveva preso. Poi, appena lui sparisce, ritornano le seghe mentali.
Abbiamo un contratto tra amanti che ci è stato fatto leggere quattro fottutissime volte, e che alla fine lei neanche firma.
Abbiamo altre seghe mentali, lacrimoni, piagnistei, lei che chiede cose e quando le ottiene frigna, lui che è tutto “No, stammi lontana, ma non ti allontanare troppo da me“, gli amici che “Tu sei l’unica donna che voglio, anche se mi rifiuti da cinque anni non voglio cercare una delle altre migliaia di donne al mondo disposte a darmela“, la famiglia che è tutta “Ricordati sempre che noi ci siamo, però vedi di chiamarci tu che alzare la cornetta per sapere come stai mi secca troppo“.
Insomma, abbiamo tutta una serie di cose che, alla fine, per me, rendono questo libro totalmente illegibile.

E saluti all’obbiettività.

VOTO: 2,5/10

Recensione Libri: Il profumo delle foglie di limone, Clara Sánchez

Ok, lo ammetto: questo libro è la dimostrazione che bisogna leggere tutta la trama nella seconda di copertina prima di convincersi che sia una ciofeca.
Questo libro me l’hanno più o meno ficcato nelle mano dicendomi “Leggilo!” e a me, onestamente, visto il titolo piuttosto evocativo, l’immagine di copertina, e un riferimento ad una ragazza incinta che non sa cosa fare nella propria vita nei primi righi della descrizione, ispirava poco o per nulla. Mi sembrava probabile si trattasse esclusivamente di un romanzo romantico e riflessivo, di cui, in questo momento, non volevo proprio sentire parlare.
Per fortuna, non è stato così.
Purtroppo, però, questo rende difficile dare un giudizio veramente oggettivo.
Per chiarirci: a pagina uno ero piuttosto reticente e titubante nell’affrontare la lettura, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo e che quindi era meglio togliersi il dente presto. Verso pagina dieci, ero già piuttosto emozionata perché avevo finalmente capito che il libro che avevo davanti non era una ciofeca romantica, ma un libro serio con un tema interessante.
Alla fine ero – e sono – vagamente annoiata e principalmente delusa per la banalità e per il modo semplicistico con cui è stata trattata e conclusa una storia che poteva essere veramente interessante.

Comunque, andiamo con ordine.
Questo libro è scritto dal punto di vista dei due personaggi principali: Sandra, la ragazza incinta che non sa che diavolo fare della propria vita e che viene “adottata” da due simpatici e gentili vecchietti che l’aiutano quando sta vomitando l’anima in spiaggia, e Julian, un ottantenne reduce dai campi di concentramento sulle tracce di due ex torturatori nazisti, per vendicarsi prima della inevitabile morte – sua o loro, poco importa. Le storie di questi due personaggi finiranno con l’incrociarsi, visto che gli adorabili anziani con cui la prima è entrata in contatto coincidono con gli spietati assassini di cui il secondo è alla ricerca.
Insomma, Il profumo delle foglie di limone, è un libro che affronta e approfondisce il tema di cosa possa essere successo a questi nazisti ormai vecchi. Si interroga sulla possibilità che possano essersi pentiti delle loro malvagità giovanili, e si chiede se possano persino essere redenti.
La risposta, al di fuori di ogni dubbio, è no.

Una volta trovati i primi due nazisti, il libro, iniziato con i toni leggeri e semplicisti di Sandra, discende lentamente in una spirale di delirio e follia in cui la povera ragazza si ritrova coinvolta suo malgrado. Veniamo così a conoscere un’intera – e improbabile – orda di nazisti rifugiatosi tutti nella medesima zona, dove, tra adepti e seguaci di giovane età, gestiscono il piccolo club privato della rievocazione storica nazista.
In fin dei conti è questo che fanno: rievocano i tempi in cui erano forti e potenti e potevano fare quello che volevano, si trascinano avanti con i residui di una giovinezza che ormai li ha abbandonati da un pezzo, odiano praticamente chiunque li circonda e fingono di avere ancora intere vite da vivere. A dire il vero, questi vecchietti fanno quasi un po’ pena per il loro patetico tentativo di rievocare la grandezza di cui sono stati partecipi. Ormai, sono solo relitti di una nave affondata che non riescono a rassegnarsi all’idea di non essere più i padroni del mondo.

Insomma, dal mio punto di vista, il tema, di per sé, è parecchio interessante. Il problema è che viene veramente sviluppato male e che i personaggi sono ben più noiosi e poco realistici di come potrebbero essere.
I vecchietti nazisti, inanzitutto, che forse dovrebbero apparire spaventosi e ispirare odio profondo da ogni riga, come ho già detto riescono unicamente a risultare patetici, col risultato che quasi ci si chiede se non stiano già vivendo la loro meritata punizione.
Sandra, che forse nelle intenzioni dell’autrice doveva essere il personaggio portante della storia, affascinante e umana con i suoi dubbi e le sue incertezze che la rendono viva e vicina ad ogni lettore, che cresce nell’arco narrativo del libro e che tutti sembrano amare, è… noiosa. Scialba. Insipida. Inutile. Più di trent’anni, incinta di un uomo che non ama, non ne ha mai voluto sapere di studiare e/o lavorare, non sa fare nulla, e, per qualche motivo ignoto, riceve amore e ammirazione da tutte le parti. Va praticamente a vivere da due sconosciuti appena li conosce, continuando a pensare da una parte a quanto gli vuole bene perché per lei sono i nonni che non ha mai avuto, dall’altra che se riesce a restare, quando crepano le potrebbero lasciare tutte le loro proprietà. Ma che persona bella e buona, eh?
Julian, che poteva esser l’unico caratterizzato decentemente all’interno del libro, l’uomo per cui la vendetta viene prima di tutto, quello che per un attimo è stato capace di mettere in pericolo Sandra solo per agitare leggermente i vecchietti, quello con più sfumature e tutto il resto, alla fine delude amaramente, abbandonando la sua vendetta per affetto nei confronti di Sandra. E va a quel paese.

Infine, la conclusione è di un banale a dir poco disarmante. L’unica cosa che forse non ci si aspetta è la morte di Alberto – fino all’ultimo temevo la romantica riunione con Sandra – ma, tolto questo, chiuso questo libro resta unicamente una sensazione di inutilità latente e di contenuti, alla fine, stereotipati e poco approfonditi.
Purtroppo, è uno di quei – pochi – libri che, nonostante l’idea interessante, non mi sento di consigliare quasi a nessuno.

VOTO: 5.5/10

Recensione libri: L’ultimo testamento della Sacra Bibbia, James Frey

PRESENTAZIONE DEL LIBRO:

James Frey non è come gli altri scrittori. È stato accusato di essere un bugiardo. Un impostore. Un traditore. E stato definito un salvatore. Un rivoluzionario. Un genio. I lettori gli hanno fatto causa. Gli editori americani lo hanno dato in pasto ai media senza difenderlo. Per un po’ si è sentito costretto a lasciare l’America. Ciò che fa paura a molti è che Frey gioca con la verità, sempre sulla linea sottile tra fatti e finzione. Ora ha scritto il suo romanzo più rivoluzionario, più controverso. Che cosa fareste se scopriste che il Messia è vivo? Oggi. A New York. Che fa l’amore con uomini e donne. Che pratica l’eutanasia ai morenti e guarisce i malati. Che sfida i governi e condanna l’ordine religioso. Che cosa fareste se vi capitasse di incontrarlo? Se cambiasse la vostra vita. Gli credereste? “L’ultimo testamento della sacra Bibbia”. Vi sconvolgerà. Vi ferirà. Vi farà paura. Vi farà arrabbiare. Vi farà pensare in modo diverso. Vivere in modo diverso. Vi aprirà gli occhi sul mondo in cui viviamo. Abbiamo aspettato duemila anni l’arrivo del Messia. Lui era qui. Questo libro racconta la sua storia.

IL LIBRO:

Come ci tiene a ricordarci la seconda di copertina, James Frey è uno degli autori più controversi del panorama americano attuale. I suoi libri hanno sconvolto, hanno coinvolto, hanno fatto amare e hanno fatto odiare, tra gli altri il loro stesso autore, accusato di aver modificato la verità, di aver rccontato una bugia spacciandola per verità.
Con questo libro, quindi, si ha nettamente l’impressione che Frey ci abbia riprovato, giocando con i suoi lettori, scrivendo una storia che è una bugia dalla prima all’ultima parola ma che sembra così intrisa di verità da arrivare a farti credere.
Io, se dovessi credere in qualcosa, crederei in Ben Zion.

Il libro è, semplicemente e al di fuori di ogni dubbio, un bel libro. Un bellissimo libro.
La storia di Ben Zion, alias il messia del ventunesimo secolo, è ricostruita con un insieme di voci corali che, passo per passo, raccontano la vita di questo giovane uomo, la sua disavventura, il suo amore, la sua vita. Abbiamo tredici personaggi che ci raccontano il loro rapporto con il nuovo messia, come li ha convinti di essere il figlio di Dio, come gli ha cambiato la vita nel profondo.
Ogni personaggio ha una sua voce, un suo modo di parlare, una vita e una personalità distinta. Non è difficile, immergendosi nella lettura, dimenticarsi completamente che è un romanzo, che ogni voce è la voce di James Frey, e si arriva veramente quasi a credere di stare ascoltando il racconto di queste persone che hanno avuto la fortuna di incontrare una persona così meravigliosa.

Questo libro è scritto così bene, e i suoi contenuti sono così profondi, ma allo stesso tempo così realistici, il suo messaggio è così puro, che fa dimenticare, veramente, di essere solamente un libro, ma ti fa quasi veramente credere. Ed è questo indubbiamente lo scopo di Frey, che gioca con i suoi lettori. Perché è evidente che per lui questo gioco viene prima del messaggio sociale che vuole inviare, sicuramente viene prima del messggio d’amore, probabilmente precede di poco il messaggio di uguaglianza: Frey, innanzitutto, crea un nuovo messia perfettamente credibile, un messia nuovo che riprende il messaggio d’amore del suo predecessore, ma che sfida impunemente le associazioni religiose, che smonta la bibbia, il corano, ogni testo religioso. Con questo personaggio, reso credibile dalle parole di Frey, l’autore sfida la società a tacciarlo ancora di menzogna.

Insomma, c’è ben poco da dire su un libro quando non vi si riesce a trovare neanche un difetto, neanche impegnandosi, quando è semplicemente meraviglioso sotto ogni punto di vista.
E’ un libro con consiglio ad atei, religiosi, agnostici, ai membri di qualsiasi confessione, perché è un libro che, s eletto con la dovuta apertura mentale, fa veramente riflettere e imparare qualcosa.

     Dio è infinito. E come l’infinito, è troppo vasto e troppo complesso perché noi lo possiamo comprendere.
     Allora perché la gente lo adora?
    La gente è stata indotta a credere in qualcosa che è sbagliato ma che non può capire. Gli esseri umani si aggrappano a quello che non riescono a capire, anche se è sbagliato.
     Se è davvero così, allora come fa Dio a parlare con te?
    I rumori che hai sentito ero io che stavo avendo una crisi, e le braccia e le gambe e la testa che sbattevano contro le pareti di questo cassonetto. Un secondo prima che mi vengano gli attacchi, vedo delle cose, e sento delle cose, so delle cose, e mi vengono dette delle cose.
     E come fai a sapere che è Dio?
     Per quello che mi viene detto, per quello che mi viene dato.
     Che sarebbe?
     Parlo in lingue che non ho mai studiato, alcune delle quali non le parla più nessuno. Conosco il contenuto dei libri sacri del mondo, parola per parola, anche se non li ho mai letti. Mi è perfettamente chiara la relatività generale, la meccanica quantistica, la teoria delle stringhe, l’astrofisica, la gravità quantistica, la cosmologia fisica e la termodinamica dei buchi neri, anche se ho smesso di andare a scuola a quattordici anni.
     E che cosa ha a che fare tutto questo con Dio?
     Le prime cose mi permettono di capire Dio così com’è stato scritto e raffigurato e venerato. Così come la gente crede in lui. Le altre mi permettono di capire quanto siamo vicini a comprendere il vero Dio, il Dio che non ha bisogno di essere adorato, che non esiste come esistiamo noi, che non ci giudica, che non ci offre niente di più di ciò che abbiamo.