Disegni: personaggi di D&D
Giovedì, dopo aver pubblicato l’articolo su “Il vangelo proibito“, e aver dovuto quindi disegnare su due piedi la Lhyà per il voto 4, mi sono ritrovata con una gran voglia di disegnare. Ho passato quindi qualcosa come nove ore china sulla tavoletta grafica, presa da un delirio che mi faceva sfornare disegni uno dopo l’altro.
I soggetti di questi disegni sono alcuni dei PG – per lo più vecchi e ormai più o meno deceduti e reincarnati – miei e dei miei amici della nostra sessione di gioco a D&D. Siamo com’eravamo prima che ci incontrassimo nella prima giocata di diversi mesi fa.
Ogni tanto penso che mi piacerebbe disegnare tutta l’avventura fino ad ora intercorsa, perché ce ne sono successe di tutti i colori, ci siamo divertiti da matti e, nonostante in nostro master si ritrovi ad avere a che fare con un numero variabile di pazzi psicopatici che ragionano da tali e agiscono anche peggio, la storia è veramente interessante e avvincente.
Purtroppo, come sempre, la voglia di disegnare, venuta a travolgermi con l’intensità di un tornado, in due giorni è passata quasi del tutto. Però giuro che alla prossima volta butto giù le prime pagine, per quanto le mie abilità mi concedono di fare.
Comunque, lascio sul blog i suddetti disegni, sperando che qualcuno li apprezzi (cuoricini cuoricini). I disegni sono fatti nell’ordine in cui li posto, e si vede infatti come il tratto peggiora drammaticamente nell’ultimo, quando ormai avevo la mano dolorante e quasi sanguinante.

Il mio vecchio PG – un’umana guerriera fighissima con una spada devastante che era arrivata a fare critico con 13, sigh – e quello di una mia amica, una ladra dalla testata facile.

Il PG – uno dei pochi ancora vivi – di un’amica, una mezzelfa ranger con il lupo più intelligente della storia, ch di solito capisce i problemi prima di noi e ci aiuta a risolverli.
Libri: Il Vangelo proibito, David Gibbins
TRAMA:
Al largo della costa siciliana Jack Howard, un archeologo di fama mondiale, e il suo inseparabile collega, l’ingegnere Costas Kazantzakis, sono impegnati in un’immersione subacquea alla ricerca di un antico relitto, la nave che nel 60 d.C. portava san Paolo a Roma e naufragò nelle acque del Mediterraneo. Nel frattempo una scossa di terremoto apre un nuovo passaggio nella villa dei Papiri a Ercolano e riporta alla luce una camera segreta. È una scoperta sensazionale: potrebbe trattarsi dello studio privato dell’imperatore Claudio, il luogo dove avrebbe vissuto in incognito gli ultimi anni della sua vita per custodire un oscuro segreto. E così tra antiche cripte e templi dimenticati, pericoli, enigmi e rivelazioni, i due amici intraprendono un viaggio che, da Roma a Londra, dalla California a Gerusalemme, li porterà indietro nel tempo, fino all’alba della cristianità e a un misterioso, inestimabile documento che qualcuno vorrebbe sepolto per sempre…In Vaticano diranno le loro ultime preghiere.
LA MIA OPINIONE:
E se la nostra storia fosse basata su una menzogna? Questa la scritta che, sul retro del libro, vuole spingere la curiosità del lettore a fargli comprare il libro. In realtà questa scritta ci presenta già ottimamente l’opera che ci troviamo di fronte, che sembra fare dei “se” la sua attrattiva principale. Infatti, quello che l’autore ci presenta, sono una serie interminabile di “e se…” che lui ha voluto sviluppare.
Cosa sarebbe successo se… l’imperatore Claudio (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico per gli amici) avesse incontrato Gesù Cristo, nell’epoca in cui quest’ultimo iniziava a predicare?
E se l’avesse convinto a rilasciare un vangelo scritto, prevedendo come i suoi futuri seguaci avrebbero travisato le sue parole?
E se Claudio non fosse morto nel 54 D.C., come tutti noi sappiamo, ma avesse inscenato la propria dipartita per andare a vivere la vecchiaia in solitudine e tranquillità?
E se fosse andato a vivere ad Ercolano, dove è stato sorpreso dall’eruzione vulcanica nel 79 D.C.?
E se Plinio il Vecchio fosse stato, insieme ai suoi schiavi, l’unico a sapere che era vivo?
E se Claudio avesse lasciato a Plinio il Vecchio gli indizi per poter ritrovare il precedentemente nascosto Vangelo di Cristo?
E se, ai tempi nostri, un terremoto rivelasse un’area degli scavi di Ercolano ancora sconosciuta rimasta miracolosamente intatta, così da poter avviare questa caccia al tesoro?
E se la chiesa, per una serie di incredibilmente fortuite coincidenze, sapesse dell’esistenza di questo Vangelo fin dalla sua origine, e adesso avesse deciso che non vuole che le parole vergate dal suo Dio non vengano mai rivelate?
E se… insomma, avete capito l’antifona.
Questo libro è interamente costruito su una serie di se cui si fa sinceramente fatica a credere, su ancora più incredibili coincidenze, totalmente inarrivabili intuizioni geniali basate sul nulla, scoperte archeologiche favolose e miracolose ed eventi tirati uno dopo l’altro in modo quasi completamente scollegato.
La storia, di per sé di una banalità mostruosa – quanti ne abbiamo visti negli ultimi tempi di libri basati su questo identico concetto? Milioni. E di sicuro questo non è uno dei più brillanti – viene gestita anche male, facendo muovere i personaggi in modo poco realistico e con personalità già viste e già sentite (per dirne una, l’archeologo protagonista soffre di claustrofobia, ricorda nulla? Se avete letto i libri di Dan Brown dovrebbe esservi quantomeno familiare). La scrittura non è neance particolarmente scorrevole, solito pregio di questi romanzi senza troppe pretese, infatti fino a pagina 100/150 si compie un’estrema fatica ad andare avanti. Solo verso pagina 200 la storia comincia leggermente ad ingranare, e giusto nelle ultime 50 pagine si riesce a gustare per un effimero attimo la lettura.
Alla fine l’unica parte meritevole di non essere completamente svalutata è la fantasia dell’autore e la sua padronanza della storia. Non che ci si potrebbe aspettare di meno, visto che Gibbins è, apparentemente, prima di tutto un archeologo.
Chissà, forse viaggia così tanto con la fantasia e fa compiere ai suoi personaggi ritrovamente al limite del possibile proprio perché il suo lato archeologo non è soddisfatto dagli scavi archeologici reali. E per questo riesco quasi a provare tenerezza per lui.
Lasciamo la parola alla povera Lhyà, che questa volta è uscita veramente poco soddisfatta dal nutrimento ricevuto.
Recensione libri: La ragazza drago – L’ultima battaglia, Licia Troisi
TRAMA:
Nidhoggr, la malvagia viverna che un tempo cercò di distruggere l’equilibrio della natura, è tornato. Il sigillo che lo teneva imprigionato è stato infranto e il suo potere ha soggiogato la Terra intera, trasformando tutti gli uomini in mostri disposti a qualunque sacrificio per sconfiggere Sofia e gli altri Draconiani. La loro missione è trovare il frutto di Thuban, l’ultimo e il più importante dei cinque globi magici che faranno risplendere di nuova vita l’Albero del Mondo e riporteranno sulla Terra il regno di Draconia. Ma Ofnir, il nuovo alleato delle viverne, ha frantumato il frutto contro il sigillo per liberare il suo padrone, e i frammenti sono nascosti in tre luoghi misteriosi sparsi per l’Italia. Nell’ultima, fatale battaglia che Sofia dovrà combattere, ostacoli imprevisti si opporranno alla vittoria: i draghi che hanno sempre vissuto nel cuore dei suoi compagni rischieranno di svanire per sempre, e con loro il regno di Draconia…
RECENSIONE:
L’ultima battaglia è il quinto e ultimo volume della saga de “La ragazza drago“. Recensire solo l’ultimo volume potrebbe essere fuorviante, ma, in parole povere, basti sapere che i quattro volumi precedenti sono libri semplici, banali, senza nessun punto notevole da segnalare. Nessun vero pregio – secondo me – e nessun difetto abissale che ne rende rilevante in un senso o nell’altro la lettura.
Però, visto che ho l’insopportabile abitudine di tentare di portare a termine le saghe che comincio, mi sono allegramente incartata anche nella lettura di quest’ultimo volume, senza nessuna aspettativa e senza nessuna reale speranza, prima di affrontarlo, se non quella di non restare totalmente disgustata.
Sorprendentemente, però, si è rivelato un libro che considererei semplicemente brutto, se non fossi un’inguaribile generosa: pertanto lo considererò giusto brutto con riserva.
Il fatto è che questo libro, in fin dei conti, è stato una delusione. Non perché l’alto livello dei capitoli precedenti avesse fatto sperare in un finale epico, tutt’altro: perché, nonostante la mediocrità degli altri quattro volumi, questo episodio, all’inizio, sembrava essersi rivelato promettente. Il prologo e lo scoppiettante primo capitolo, insomma, avevano fatto ben sperare: sembrava prometterci azione, avventura, e seri sacrifici e dolori da parte dei ragazzi draconiani. Mi aspettavo un percorso complesso per trovare una soluzione alla difficile situazione con cui ci troviamo nelle prime pagine, e speravo in qualcosa che, dopo quattro libri anonimi, mi facesse dire “Ma dai, ne è valsa la pena”.
Purtroppo affidare troppe speranze ad un’autrice che già si sa accarezzare raramente la sufficienza è sempre una mossa azzardata. Infatti, già dal secondo capitolo, ci si ritrova ad avere a che fare con le stesse solite forzature, con la stessa trama impalpabile e, insomma, col contrario di tutto ciò che sembrava esserci stato promesso all’inizio del libro.
La scrittura della Troisi, nonostante anni di critiche da più fronti e di accurate analisi di ciò che dovrebbe cambiare, non sembra essere minimamente migliorata. Le descrizioni continuano ad essere semplicistiche e ripetitive fino alla nausea (qualcuno le regali un dizionario di sinonimi, ve ne prego. Per dirne una, quando i ragazzi si dividono per cercare tre pezzi dello stesso oggetto e tutte e tre le volte ci viene descritto allo stesso, identico modo, stavo rischiando un attacco d’isteria. E’ così difficile variare leggermente il registro a seconda dei diversi ragazzi, o utilizzare termini differenti che non renda la lettura un eterno déjà vu?). Il PoV continua imperterrito ad essere altanelante al punto da sfiorare la schizofrenia. Abbiamo a che fare con sei ragazzi, il cui punto di vista, spesso e volentieri, viene approfondito in sequenza senza quasi farci capire chi sta pensando cosa. Il momento in cui lei pensa quanto è figo lui e nel rigo succssivo lui pensa quanto tiene a lei, è un momento di toccante deficienza confusionaria. La trama, come già detto, resta totalmente inconsistente nonostante le promesse iniziali.
Invece di regalarci lo scontro finale epico che ci eravamo preparati a gustare, in questo libro la Troisi continua a tirarla per le lunghe con una sola motivazione: dare il tempo ai sei draconiani di andare totalmente fuori personaggtio e accoppiarsi (non in senso biblico) allegramente tra di loro. Ogni spossante capitolo sembra un’insipida scusa per fare unire più a fondo maschietti e femminuccie, gestiti con un’impacciataggine a dir poco imbarazzante. La ricerca dei frammenti non è solo un’insopportabile scusa per allungare il brodo all’inverosimile, servono all’autrice per riempire le pagine di smancerie totalmente fuori luogo in quella che ricorda vagamente un’apocalisse zombie che solo la rapidità può scongiurare.
Quando finalmente arriviamo all’agognata conclusione, nonostante le accurate preparazioni, tutto si svolge, in breve, ad una velocità immotivata e inspiegabile: i pochi sacrifici che i nostri eroi erano stati costretti ad affrontare si sono rivelati non essere dei veri sacrifici, e, nonostante il briciolo di fatica che ha comportato l’arrivare fin lì, tutto si è rivelato essere di una semplicità quasi offensiva.
L’epilogo, poi, cui avevo abbandonato le mie residue speranze, si è rivelato inconcludente e quasi odioso nel modo in cui si sbologna tutti i problemi in modo totalmente irrispettoso delle aspettative del lettore. In modo totalmente insensato la situazione, dopo quello che ho già definito essere simile ad una sorta di apocalisse zombie (ma senza zombie), ritorna ad un periodo precedente, e assolutamente nessuno conserva memoria di quanto successo, a parte i sei draconiani. Ma perché, se non è rimasto più nulla in Terra che conservi un tale potere? Perché sì. Probabilmente perché era troppo difficile per la nostra cara scrittrice trovare un finale che fosse contemporaneamente sensato e che le permettesse comunque di chiudere con il classico e vissero felici e contenti.
Infine, nonostante le numerose critiche ricevute sull’argomento, la nostraLicia sembra non avere ancora imparato che, ad un lettore anche solo minimamente informato, farebbe piacere non leggere ogni qual volta di armi costruite con materiali improbabili, dalle impugnature scolpite in taglienti pietre preziose dalle forme quasi letali.
Insomma, nonostante l’inizio promettente, mi ha infastidito e mi è piaciuto persino meno dei volumi precedenti.
La mia generosità va solamente perché, al solito, l’unico pregio che la Troisi si ritrova è quello di scrivere in una maniera scorrevole che, nonostante tutto, permette di godersi qualche ora di lettura intensa staccando la mente da tutto.
VOTO: 4.5/5
Recensione Libri: Pan, Francesco Dimitri
TRAMA:
Nelle notti romane ci sono bambini che sognano, e che nel sogno, ogni volta, ripetono il viaggio verso una grande isola che non c’è. Nelle notti romane ci sono ville borghesi illuminate dalla luna piena, e dai loro giardini spesso s’innalzano, non visti, mastodontici galeoni pirata. Nelle notti più fredde di una Roma moderna, pulsante, segreta, qualcuno ormai comincia ad avvertirlo: uno spirito folle sta bussando alla porta, uno spirito anarchico e sensuale, passionale e libertino, pronto a tornare per rapirci. Qualcuno lo vuol chiamare Peter; un tempo era noto come Pan. A cento anni di distanza dalla sua prima comparsa, il Peter Pan di Barrie rivela oggi più che mai la propria carica eversiva, la propria primordialità vitale, erotica, libera, il proprio rifiuto verso ogni forma di dogmatismo. Nei cieli di Roma lo scontro si sta preparando: bambini e pirati, vecchie e nuove divinità, in un’inquietante favola nera che finirà per insegnarci come, talvolta, per vedere il mondo del sogno dal mondo reale, non serva altro che alzare la testa.
RECENSIONE:
Francesco Dimitri è un giovane autore scoppiettante, che dimostra, con questo romanzo, una grande abilità creativa e un’interessante capacità di strutturare le proprie storie su più livelli. Pan non è il suo primo romanzo, ma è probabilmente quello che ha ottenuto maggiore approvazione presso il pubblico.
Lo stile di questo romanzo è accattivante – nonostante di tanto in tanto inciampi in qualche frase un po’ infelice – la storia che propone avvincente, i personaggi che ci presenta ben strutturati. Insomma, questo romanzo è, nella sua complessa totalità, un romanzo che fa ben sperare nei confronti della moderna letteratura italiana.
In Pan, Realtà e Sogno (ma anche Incanto) si fondono in un romanzo vitale che, partendo dal conosciutissimo romanzo di Barrie – Peter Pan, ovviamente – esplora nuovi orizzonti, aggiungendo un profondo velo d’inquietudine a quella che sarebbe dovuta essere una fiaba per bambini. La storia, che tutti consciamo quasi per osmosi da quando nasciamo, viene totalmente rivisitata e riscoperta, proponendo nuove, appassionanti interpretazioni dell’eterna lotta tra il bambino che non voleva crescere e il suo letale, monco nemico.
Pan, all’inizio, potrebbe sembrare una banale lotta tra archetipi, l’immortale lotta tra bene e male. Eppure, fin dalle prime pagine ci si rende conto che, in realtà, il bene non sta da nessuna delle due parti, e allo stesso modo il male non si limita ad accompagnare una delle fazioni che si scontrerà in questa lotta mortale. E’ la guerra tra la vita regolata, prestabilita e noiosa dei nostri tempi, scandita da leggi morali che soffocano la vitalità delle persone, e l’indomita forza della passione, dell’anarchia che si regola da sola e che, per questo, può diventare estremamente distruttiva.
Dove sta il bene? Dalla parte di un vecchio che, con il controllo di programmi tv, la chiusura intellettuale, la censura del web, vuole assicurarsi che le nuove generazioni non vengano corrotte, o nella sfrenata ricerca del puerile piacere fisico immediato?
Pan è un romanzo dai molti risvolti, dagli acuti approfondimenti a dalle birbanti citazioni. L’autore sembra strizzare di frequente l’occhio al suo lettore attingendo a quello che ormai è l’immaginario comune. Niente menzioni dotte, i richiami di questo inesauribile libro provengono da Star wars, Dragonball e chi più ne ha più ne metta. Per questo motivo, forse, non è un libro che può incontrare l’apprezzamento di tutti, ma punta soprattutto a quelle generazioni a cavallo tra la metà degli anni settanta e la metà degli anni novanta.
Un altro degli aspetti che Dimitri sembra sottolineare ripetutamente è l’importanza che in questo libro nutre il neo-paganesimo. Dimitri non nasconde il suo interesse per questa corrente religiosa, e lo fa riempiendo questo libro di citazioni pagane. Così ci rivediamo, per un attimo fuggente, un Gardner (padre dell’odierna Wicca) intento in un rituale con il padre dei tre giovani protagonisti, il tutto farcito da riferimenti e interpretazioni che partono da questa religione.
Comunque, pure svuotandolo da facili morali, da plurime interpretazioni e da eccentrici contenuti, Pan resta un libro scoppiettante ed interessante, la cui lettura consiglio vivamente a chi non smette di fantasticare e che è pronto a rimettere costantemente in gioco le proprie credenze riguardo il bene ed il male, la promiscuità e la censura.
VOTO: 8/10
Recensione Libri: Lunaris – dal diario di un licantropo, D. F. Lycas
Circa tre mesi fa, ho partecipato ad una sorta di concorso. Il sito che lo proponeva era “La stamberga dei lettori“, in onore del loro terzo compleanno, e permetteva di essere sorteggiati per il giveaway di un libro a scelta tra molti offerti. I libri proposti erano diversi e alcuni molto interessanti e, tra questi, c’era quello di cui andrò a parlare: Lunaris – Dal diario di un licantropo.
Non ho mai letto nulla dove il licantropo la fa da protagonista. Ad essere sinceri, ho letto anche pochissimo dove il licantropo compare come personaggio comprimario, secondario, aiutante, amico o chi più ne ha più ne metta. Pertanto, per una volta, sono stata curiosa di leggere qualcosa che mettesse in primo piano questa figura da me un po’ sottovalutata.
Comunque, fortuna volle che vinsi il sorteggio e, poco dopo, ricevetti il pacco contentente questo libricino.
Devo dire che esteticamente è stata una piccola delusione. Un libricino minuscolo, di neanche 160 pagine, dalla copertina nera con il disegno di un calendario lunare stregonesco – almeno questo è quello di cui credo si tratti – in copertina. Per questo motivo l’ho messo in un angolo, dimenticandomelo per un po’.
L’altro giorno, non sapendo cosa iniziare, ho deciso di dargli una possibilità.
Appena terminata la lettura l’ho trovata quasi entusiasmante. Credo che presto, infatti, cercherò di procurarmi il suo seguito, visto che il finale di questo libricino lascia in tredici la storia.
Ma andiamo al sodo.
Lunaris, come dice il titolo, è, né più né meno, il diario di un licantropo. In particolare, chi ci sta narrando la sua bizzarra storia è Lika, un trentenne copywriter che, da quattro anni, è affetto da questa “malattia”. E che, da un paio di settimane, trema al pensiero di aver ucciso erroneamente una ragazza innocente in una delle sue incoscienti scorazzate notturne al chiaro di luna.
A causa di questo terrore, Lika si chiude in casa, tagliando quasi definitivamente i pochi legami con amici e conoscenti che gli erano rimasti dalla sua trasformazione. Nonostante tutto, una ragazza ed una donna riusciranno a fare breccia delle mura che si è creato, scoprendo chi è veramente e accompagnandolo per un infinitesimale tratto del suo percorso.
Piano piano, nel corso del libro, veniamo a sapere del passato del nostro protagonista. La sua infanzia con gli amici, come è stato trasformato in lupo mannaro, come questo ha lentamente e inequivocabilmente influito sulla sua vita. Impariamo a conoscere Lika, e a volergli bene. Come si può volere bene ad un lupacchiotto affamato che può strapparti la mano da un momento all’altro.
Lunaris è un libro che possiede, ovviamente, lati negativi e lati positivi. In qualche modo, però, quest’opera sembra riuscire a trarre forza e potenza dai lati negativi. Personalmente è una cosa che mi lascia un po’ perplessa, in quanto non riesco quindi bene a classificare oggettivamente quello di cui sto parlando.
Ad esempio, la scrittura concisa, intensa e serrata, all’inizio fa storcere il naso, lasciando perplesso il lettore di fronte a questa scelta stilistica dell’autore. Nelle prime pagine, personalmente, sono rimasta interdetta, dicendomi qualcosa del tipo: “Ma che cavolata è, questa? Che stile odioso….”. Eppure questo stile è uno dei maggiori motivi per cui il lettore si sente effettivamente catapultato all’interno della mente del licantropo. Nessun stile di scrittura, probabilmente, avrebbe potuto rendere meglio la lotta umano-lupo, l’istinto che cerca di dominare sulla ragione e la ragione che, dispertamente, si afferra con i denti e con le unghia per non cedere alla mente animale. Lo stile energico, quasi esasperato, rende perfettamente l’angoscia di Lika che si ritrova a non riconoscersi più allo specchio, alla sua ferrea volontà di non cedere al lupo.
Ancora, questo romanzo sembra avere difficoltà ad ingranare. Per carità, se decidete di procedere all’acquisto dopo la prima decina di pagine si resta invinghiati nella rete di questo libro, e non si riesce quasi più a staccare gli occhi dalle pagine. Ciò non toglie però che, per la lettura di due terzi del libro, si ha la netta impressione di stare leggendo la presentazione alla storia vera e propria, che si svolge poi con una serie di scene fulminee nell’ultima cinquantina di pagine. Questa che sembra una lunga presentazione lascia però lo spazio di sviluppare quelli che si mostrano come indubbi punti energici di quest’opera. L’approfondimento, graduale e a piccole dosi, del passato di Lika, delle sue amicizie, delle sue ricerche sui lupi mannari, forniscono indubbiamente la possibilità di affezionarsi al personaggio, di calarsi sempre più profondamente nei suoi panni, di avere la sensazione di interagire personalmente col mondo che lo circonda. Ugualmente, lo spazio dedicato alle ricerche sui lupi mannari e alla loro esposizione è uno spazio vincente: interessante, non esagerato, misurato esattamente per dare le informazioni necessarie – e magari qualche pillolina in più – senza annoiare, come spesso fanno molti autori che si ritrovano a dorver fornire informazioni necessarie al corretto sviluppo della storia.
Insomma, in poche parole un libro interessante ed appassionante, una piacevole scoperta ed una lettura che rilassa ma, allo stesso tempo, lascia un contenuto dietro di sé.
VOTO: 7.5/10
Recensione Libri: La Trilogia di Bartimeus, Jonathan Stroud
Quando la mattina ti alzi presto, fai mille cose, vai a lavorare, alle sette, quando esci, ti vedi con gli amici, rientri veramente tardi la sera e hai gli occhi che ti bruciano per aver letto tutto il giorno numeri dall’elenco telefonico e hai la testa che ti scoppia implorandoti un’oretta di sonno, ma tu ti metti comunque a leggere, giusto per andare avanti di poche pagine, e improvvisamente alzi lo sguardo ed è passata un’ora e mezza, allora capisci che quel libro è veramente un bel libro.
Questo è quello che a me è capitato con la Trilogia di Bartmeus, e specialmente con l’ultimo volume della suddetta, “La porta di Tolomeo”.
Ma andiamo con ordine.
La Trilogia di Bartimeus è un fantasy dal respiro ampio, che intrattiene piacevolmente strappandoti spesso qualche sorriso e con una stoccata di satira qua e là che conquista definitivamente.
Il mondo raccontato in questi romanzi è un modo per molti versi identico al nostro, ma principalmente per uno completamente discordante: in questo mondo esiste la magia. O meglio, esistono gli Spiriti (volgarmente denominati demoni), entità che i maghi convocano a loro piacimento per sfruttarne risorse, servizi e poteri. Con la forza che questi esseri gli concedono, i maghi sono al governo, a capo di quella che è concretamente una dittatura in cui i comuni (cioè i non-maghi) sono praticamente schiavizzati. I maghi governano – e neanche tanto bene – e i comuni, mezzi morti di fame, fanno i lavori più umili, li servono, li riveriscono, combattono per loro e devono sempre abbassare la testa.
Fin dal primo capitolo della prima trilogia cominciamo piano piano ad esplorare e scoprire il mondo di questo maghi. Nathaniel, appena un bambino, viene ceduto dai genitori per essere educato alla magia e cresciuto per diventare un membro del governo. Quasi subito, sotto consiglio della moglie del suo maestro, Nathaniel ha chiaro il suo obbiettivo: arrivare in alto, scalando i gradini del governo dell’impero britannico.
Così, a soli dodici anni, Nathaniel compie la sua prima evocazione, convocando il jinn Bartimeus.
Da questo momento il destino del mago e del jinn sono legati indissolubilmente, in un susseguirsi di eventi grazie ai quali Nathaniel piano piano riuscirà nei suoi obbiettivi.
La Trilogia attraversa più o meno – con ampi balzi temporali – circa cinque anni della vita del ragazzo, seguendolo nel suo percorso: da giovane apprendista promettere, a giovanissimo membro del governo, a estremamente giovane Ministro dell’Informazione.
Una dopo l’altra Nathaniel – o, per meglio dire, Bartimeus, che segue gli ordini di Nathaniel – affronta un susseguirsi di catastrofi, sventa una sequela di avvenimenti volti a sovvertire l’ordine dell’Impero e si guadagna la fiducia del Primo Ministro. Per fare questo, il giovane ambizioso è costretto a chiudere dietro una porta ideali, credenze e umanità, per mostrarsi sempre all’altezza della situazione. Il lettore non potrà che tifare per il ragazzo, provando comunque un po’ di irritazione e un po’ di compassione per il suo continuo allontanarsi dal sé che era stato.
Almeno fino all’ultimo libro, in cui la maschera finalmente cadrà e il mago capirà finalmente che cosa ha perso nella sua vana scalata alla gloria.
I tre volumi che costituiscono questa saga sono uno più bello dell’altro. Man mano che Nathaniel cresce, anche i temi da affrontare si fanno più corposi. Mentre il primo libro è la disperata ricerca di approvazione di un bambino, nel secondo e ancora di più nel terzo veniamo a conoscenza di quanto siano umiliati e maltrattati e comuni, di come essi non possono difendersi e men che meno esprimere le loro opinioni.
Questi libri sono, molto semplicemente, scritti bene. Il ritmo incalzante della storia – e lo stile un po’ scanzonatorio e irriverente della narrazione dal punto di vista di Bartimeus – non permettono al lettore di distaccarsi per troppo tempo dalla lettura. Oltretutto, notare le piccole differenze tra questo mondo e il loro, sentire nominati grandi personaggi storici nell’ambito magico e scoprire come in questo mondo sono state realizzate alcune delle “nostre” grandi imprese, è un piccolo divertimento che si sussegue incessante nei vaghi riferimenti di Bartimeus alle sue imprese passate.
In breve, un libro consigliato a “grandi e piccini”, una lettura godibile e rilassante ma anche con sporadici punti di riflessione.
VOTO: 8.5-9/10
Anno nuovo, libri nuovi!
Avevo detto che avrei scritto un post in cui avrei parlato di tutti i libri che ho ricevuto e/o comprato nel periodo di fine/inizio anno, e quindi eccomi qui. Non vi preoccupate, la guida torna la settimana prossima.
Per carità, i nuovi libri entrati a fare parte della mia collezione non sono tantissimi, ma siccome mi secca lasciare il blog silente troppo a lungo, eccomi qui. Dunque, andiamo ad iniziare:
- Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares – Fernando Pessoa.
“Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell’autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l’unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo”.
Regalato (sotto mia richiesta).
- L’amore ai tempi del colera – Gabriel Garcia Marquez.
Per cinquantatre anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese, Fiorentino Ariza ha perseverato nel suo amore per Fermina Daza, la più bella ragazza del Caribe, senza mai vacillare davanti a nulla, resistendo alle minacce del padre di lei e senza perdere le speranze neppure di fronte al matrimonio d’amore di Fermina con il dottor Urbino. Un eterno incrollabile sentimento che Fiorentino continua a nutrire contro ogni possibilità fino all’inattesa, quasi incredibile, felice conclusione. Abbandonati per una volta i temi più apertamente politici, Garcia Marquez crea con questo romanzo un’irresistibile epopea romantica, uno sfrenato e travolgente inno alla vita e alla fantasia che trova la sua ideale ambientazione nella lussureggiante natura dei Caraibi.
Reagalato (sotto mia richiesta).
- La versione di Barney – Mordecai Richler.
Approdato a una tarda, linguacciuta, rissosa età, Barney Panofsky impugna la penna per difendersi dall’accusa di omicidio, e da altre calunnie non meno incresciose, diffuse dal suo arcinemico Terry McIver. Così, fra quattro dita di whisky e una boccata di Montecristo, Barney ripercorre la vita allegramente dissipata e profondamente scorretta che dal quartiere ebraico di Montreal lo ha portato nella Parigi dei primi anni Cinquanta e poi di nuovo in Canada, a trasformare le idee rastrellate nella giovinezza in “sitcom” decisamente popolari e altrettanto redditizie.
Regalato (non richiesto. Almeno uno!)
- L’ultimo testamento della sacra Bibbia – James Frey.
Che cosa fareste se scopriste che il Messia è vivo? Oggi. A New York. Che fa l’amore con uomini e donne. Che pratica l’eutanasia ai morenti e guarisce i malati. Che sfida i governi e condanna l’ordine religioso. Che cosa fareste se vi capitasse di incontrarlo? Se cambiasse la vostra vita. Gli credereste? “L’ultimo testamento della sacra Bibbia”. Vi sconvolgerà. Vi ferirà. Vi farà paura. Vi farà arrabbiare. Vi farà pensare in modo diverso. Vivere in modo diverso. Vi aprirà gli occhi sul mondo in cui viviamo. Abbiamo aspettato duemila anni l’arrivo del Messia. Lui era qui. Questo libro racconta la sua storia.
Regalato (sotto mia richiesta)
Qui la recensione post-lettura.
- I guerrieri del ghiaccio – G. R. R. Martin.
Dopo aver instaurato il proprio dominio, la regina Cersei domina su Approdo del Re come reggente, ma l’oscura ombra del suo potere si estende per tutti i Sette Regni. Sotto questa costante minaccia continuano però le storie di mille personaggi, alcuni dei quali il pubblico conosce e apprezza, come John Snow, Daenerys e Tyrion, ma anche nuove figure che renderanno ancora più grandioso il quadro delle “Cronache”. Un arcipelago di uomini in continua ricerca del potere o della libertà, per i quali, se la guerra sembra conclusa, la lotta è appena cominciata.
Regalato (sotto mia richiesta)
- Scheletri – Stephen King
Una raccolta di racconti siglata dal Stephen King che, con il suo stile inimitabile, ha fuso immagini di orrore antiche come il mondo con l’iconografia della vita quotidiana dell’America contemporanea. Nelle varie storie compaiono una macchina che realizza i sogni, ma anche gli incubi; un supermercato che diventa l’ultimo baluardo di un’umanità minacciata; un giocattolo terribile… E poi camion vendicativi, bizzarre maledizioni… Dagli abissi del terrore alle fantasie più raccapriccianti, un’opera straordinaria.
Comprato con i punti Feltrinelli accumulati surante l’anno.
- Che tu sia per me il coltello – David Grossman.
In un gruppo di persone, un uomo vede una donna sconosciuta che con un gesto quasi impercettibile – si stringe nelle braccia – sembra volersi isolare dagli altri. E’ un gesto che lo commuove e lui, Yair, le scrive una lettera, proponendole un rapporto profondo, aperto, libero da qualsiasi vincolo, ma esclusivamente epistolare. Più che una proposta è un’implorazione, e Miriam ne resta colpita, forse un poco sedotta. Accetta anche se spera di trasformare le parole in fatti, perché quella in cui lei crede è un’intimità assoluta. Un mondo privato si crea così fra loro, ognuno dei due offre all’altro ciò che mai avrebbe osato dare ad alcuno, e in questo processo di svelamento Yair e Miriam scoprono l’importanza dell’immaginazione nei rapporti umani, e la sensualità che si nasconde nelle parole. E’ una scoperta lenta e dolorosa. Perché Yair – istintivo, spaventato, infantile – nel concentrarsi su se stesso e nel preoccuparsi del proprio fascino, non riesce a capire ciò che Miriam gli sta raccontando per davvero. Solo col tempo si accorge che ognuna delle lettere di questa donna, così generosa nel ricevere e nel dare, racchiude qualcosa di assolutamente inatteso: lei si rivela una creatura di singolare intensità, che ha sofferto, ha lottato, e per questo può condurlo a una svolta nella sua vita interiore. Soltanto lì Yair a poco a poco si ritrae per fare emergere la straordinaria figura di Miriam. Il ritratto di due persone che, nel condividere la parte nascosta di se stessi, inventano un mondo e il linguaggio per esprimerlo.
Comprato con i punti Feltrinelli accumulati durante l’anno.
Qui la recensione post-lettura.
La guerra nel Medioevo – Philippe Contamine.
Caratteri, evoluzioni, implicazioni della guerra dalle invasioni barbariche al Rinascimento. Il volume affronta il fenomeno della guerra dai più diversi punti di vista: l’arte militare, l’armamento, il reclutamento, gli eserciti,le implicazioni morali e religiose, le connessioni con la vita sociale,politica ed economica, e traccia un’evoluzione storica che va dalle scorrerie dei barbari alle crociate, alle grandi guerre di fine Quattrocento.
Comprato con i punti Feltrinelli bla bla.
- Cigni selvatici – Jung Chang.
La storia vera di “Tre figlie della Cina”: l’autrice, sua madre, sua nonna, le cui vite e le cui sorti rispecchiano un tumultuoso secolo di storia cinese, un’epoca di rivoluzioni, di tragedie e di speranze. Dal 1909, quando nasce la nonna di Jung Chang e la Cina è ancora una società feudale, al 1932, che vede, sotto l’occupazione giapponese, la nascita della madre, fino agli anni ’60 quando tocca a Jung Chang il compito di vivere, riflettere e sopportare la realtà del Paese.
Comprato con i punti. Bla.
- Lo specchio di Dio – Andreas Eschbach.
Nella necropoli di Bet Hamesh, non lontano da Gerusalemme, l’archeologo Stephen Foxx scopre lo scheletro di un uomo morto duemila anni prima… accompagnato dal manuale di utilizzo di una videocamera. Lo stupore del ritrovamento si trasforma immediatamente in un inquietante enigma: la videocamera è ancora in progettazione e l’uscita sul mercato è prevista entro tre anni. Le ipotesi si fanno sempre più fantastiche, fino all’incredibile: si tratta di un futuro viaggiatore nel tempo che avrebbe visitato la Palestina del I secolo d.C. per filmare le vicende della vita di Gesù Cristo? Inizia così la ricerca delle registrazioni sullo sfondo di ipotesi scientifiche, intrighi, cospirazioni e oscure trattative finanziarie.
Comprato per non perdere i punti che avevo accumulato negli ultimissimi giorni di Dicembre.
Qui la recensione post-lettura.
E dunque, ecco qui. Ho fatto del mio meglio, ho cercato di scegliere ponderatamente. Roba difficile, per me, che quando entro in libreria il mio cervello va in tilt e vorrei comprare tutto (ma improvvisamente la scelta diventa quasi impossibile quando ho dei soldi da poterci spendere).
Chissà se tra questi c’è qualcosa che verrà recensito – positivamente o negativamente – prossimamente. Ai posteri l’ardua sentenza.
Ora sgombro, che devo leggere.
Lo scarabocchiando del giovedì #2: eroina fantasy
L’idea per questa vignetta mi è venuta più o meno a causa dell’immagine dello scarabocchiando della settimana scorsa.
Lo so che è un disegno penoso, che avrei dovuto colorarlo e curarlo di più… ma sarà per un’altra volta! Apprezzate lo sforzo per mantenere per ben due settimane lo scarabocchiando!
Per vederla più in grande, cliccarci sopra.
A giovedì prossimo (se mi ritorna l’ispirazione per disegnare!).
(PS: ci tengo a sottolineare che io non possiedo la spada dell’immagine. L’unica spada occidentale che possiedo, è una riproduzione di Narsil, quindi più lunga e più figua. Però, capitemi, creava troppo problemi disegnarla come effettivamente è.)
(PPS: l’immagine a cui faccio riferimento per il completino di Nihal, se non lo sapeste, è questa.)