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Disegni: personaggi di D&D

Giovedì, dopo aver pubblicato l’articolo su “Il vangelo proibito“, e aver dovuto quindi disegnare su due piedi la Lhyà per il voto 4, mi sono ritrovata con una gran voglia di disegnare. Ho passato quindi qualcosa come nove ore china sulla tavoletta grafica, presa da un delirio che mi faceva sfornare disegni uno dopo l’altro.

I soggetti di questi disegni sono alcuni dei PG – per lo più vecchi e ormai più o meno deceduti e reincarnati – miei e dei miei amici della nostra sessione di gioco a D&D. Siamo com’eravamo prima che ci incontrassimo nella prima giocata di diversi mesi fa.
Ogni tanto penso che mi piacerebbe disegnare tutta l’avventura fino ad ora intercorsa, perché ce ne sono successe di tutti i colori, ci siamo divertiti da matti e, nonostante in nostro master si ritrovi ad avere a che fare con un numero variabile di pazzi psicopatici che ragionano da tali e agiscono anche peggio, la storia è veramente interessante e avvincente.

Purtroppo, come sempre, la voglia di disegnare, venuta a travolgermi con l’intensità di un tornado, in due giorni è passata quasi del tutto. Però giuro che alla prossima volta butto giù le prime pagine, per quanto le mie abilità mi concedono di fare.

Comunque, lascio sul blog i suddetti disegni, sperando che qualcuno li apprezzi (cuoricini cuoricini). I disegni sono fatti nell’ordine in cui li posto, e si vede infatti come il tratto peggiora drammaticamente nell’ultimo, quando ormai avevo la mano dolorante e quasi sanguinante.

Il mio vecchio PG - un'umana guerriera fighissima con una spada devastante che era arrivata a fare critico con 13, sigh - e quello di una mia amica, una ladra dalla testata facile.

Il mio vecchio PG – un’umana guerriera fighissima con una spada devastante che era arrivata a fare critico con 13, sigh – e quello di una mia amica, una ladra dalla testata facile.

Il PG - uno dei pochi ancora vivi - di un'amica, una mezzelfa ranger con il lupo più intelligente della storia, ch di solito capisce i problemi prima di noi e ci aiuta a risolverli.

Il PG – uno dei pochi ancora vivi – di un’amica, una mezzelfa ranger con il lupo più intelligente della storia, ch di solito capisce i problemi prima di noi e ci aiuta a risolverli.

 

Il vecchio PG del mio ragazzo, un elfo stregone con sangue draconico nelle vene, il cui unico obbiettivo era procurare quanti più danni possibili ai suoi amici, e  il vecchiuo PG di un nostro amico, un umano mago illusionista con rune esplosive.

Il vecchio PG del mio ragazzo, un elfo stregone con sangue draconico nelle vene, il cui unico obbiettivo era procurare quanti più danni possibili ai suoi amici, e il vecchiuo PG di un nostro amico, un umano mago illusionista con rune esplosive.

Etnacomics 2014

Lo scorso finesettimana io e il moroso abbiamo affrontato un viaggio infinito per recarci a quella che sicuramente è considerabile la più importante fiera del fumetto e tutto il resto siciliana: l’etnacomics.
Dopo due ore e mezza di viaggio,  con il podcast dei Gamefathers a farci compagnia, dopo esserci sistemati al B&B e aver fatto una passeggiata fino al centro fieristico “le ciminiere” (il culo di aver trovato posto in un B&B a sette minuti a piedi dalla fiera), finalmente arriviamo.

Ovviamente la mia prima tappa è il padiglione Shockdom, IMG_20140607_124301dove noto quella che mi sembra una fila abbordabile per ricevere una dedica da Bigio, l’autore di Drizzit. In realtà, tra acquisto di un volume e fila passano tre quarti d’ora buoni, ma l’emozione quando finalmente mi ritrovo faccia a faccia con lui è tale che mi dimentico persino i nomi dei personaggi. L’imbarazzo più totale – c’è stato un dialogo del tipo: “Che cosa vuoi disegnato?”, “Katy!”, “Ah, anche tu?”, “Eh, sì, visto che online tifano tutti per, ehm… cosa, lì, l’altra….”. Mi avrà presa per deficiente – ma alla fine me ne esco vittoriosa con la mia dedica. E, davvero, vederlo disegnare dal vivo è stato unico, e mi è dispiaciuto solo che il rincoglionimento mi ha impedito di dedicare l’attenzione che si meritavano anche agli altri autori shockdom.

A quel punto cominciamo a guardarci intorno. Avrei voglia di comprare di tutto e di più, ma i soldi voglio conservarmeli per qualcosa di speciale. Facciamo un giro, e becchiamo di sfuggita la mia coppia di youtuber preferiti: Raiden e Midna di Playerinside. Riesco a scambiarci giusto due parole mentre gli stringo la mano, facendo l’ennesima figura di popò – “Ciao, Carmen!”, “Oh, wow, ti ricordi il mio come, io… wow”, di nuovo paralizzata dall’emozione – prima di dover scappare sperando di beccarlo più tardi per fare una foto. Ovviamente non li becco più.

Finalmente, ora, prima di cercare i nostri amici, l’attenzione è tutta dedicata agli stand e agli acquisti che volevamo fare.
Invece, già dall’ingresso al piano degli stand di gadget, diventa evidente che i pokemon sono decisamente la moda dell’anno – sono la moda di sempre, se lo chiedi a me, ma l’anno scorso non sembravano essere in tanti a pensarla così. Ci sono robe pokemon ovunque. Quindi, superando il budget prefisso, prendo una splendida felpa di Umbreon. Con le orecchie. La figata totale.
Poi arriva il terzo piano. Il piano dedicato al videogioco, al gioco di ruolo, di carte, di miniature e chi più ne ha più ne metta. Compro un D20, poi arriviamo ai manuali. Tantissimi manuali.
Premessa: io sono malata di Dragonlance, il mio primo vero amore fantasy. Ho sempre cercato i manuali dell’ambientazione D&D, fino a che, a gennaio, li trovai in un piccolo negozio a Roma. Con un sovrapprezzo sul prezzo di copertina di 40 euro circa, in quanto pezzi da collezione.
Si può quindi capire come mi avvicinai tremante al reparto manuali e come sussultai quando mi ritrovai davanti uno dei manuali di questa ambientazione. E, soprattutto, l’emozione che provai quando mi disse che il prezzo non era quello di copertina… c’era un 30% di sconto. Ovviamente, è diventato subito mio.

In tutto ciò, si era ormai fatta ora di pranzo più che inoltrata, perciò decidemmo di raggiungere i nostri amici nell’area japan. Pranziamo, riprendiamo il nostro giro. Sono ormai le due, e alle tre e mezza abbiamo intenzione di piantarci nell’area firme per prepararci all’arrivo di Ortolani e Manara.Troviamo anche un padiglione dove, a fine giornata, il mio ragazzo si comprerà un trasformers e regalerà un pupazzo gattopalla a me.

Dopo aver girato in lungo e in largo, andiamo all’area firme, dove stanno intervistando Don Alemanno di Jenus e Giacomo Bevilacqua di A panda piace. Assistiamo ad una mezzoretta di conferenza, e finalmente arriva il momento delle firme. L’orda parte all’attacco prima ancora dell’arrivo dei disegnatori più famosi. leoIo e Marco ci dobbiamo separare per dover fare le due file separatamente, io mi ritrovo in fondo alla sala, con un sacco di cinque chili in un braccio, un fumetto di rat-man che cerco disperatamente di non distruggere, e una calca sudata e puzzolente che mi preme da tutte le parti.
L’arrivo dei disegnatori è accolto da un caloro applauso – Leo Ortolani ha acquisito tanti, ma davvero tanti, punti simpatia per un paio di amichevoli scenette con i fan. Seguiono due ore di fila, mi faccio fare un disegnino del panda visto che Bevilacqua sembra piuttosto sfaccendato, finalmente ne usciamo, doloranti ma, ancora una volta, trionfanti e soddisfatti.

A questo punto facciamo gli ultimi giri, gli ultimi acquisti (Marco mi regala un paio di chopstick di Star Wars, io mi regalo il primo libro di una trilogia di Dragonlance fuori stampa e introvabile da un po’ di tempo), e a questo punto, esausti, andiamo a posare tutto in albergo, con la promessa di rivederci per cena con gli amici.

Morale della favola? E’ stata una fiera favolosa, piena di tutto quello che dovrebbe esserci in una fiera. Fumetti, fumettisti, incontri con disegnatori – conosciuti e non – chiacchiere con sconosciuti dalle stesse passioni, acquisti di cose che fuori di qui ci sognamo… e tanta, tanta stanchezza.
E ora sono a casa, ancora con le bracce doloranti dopo due giorni, ma ancora tanto, tanto soddisfatta.

Foto con il mio bottino al completo di questa fiera!

Foto con il mio bottino al completo di questa fiera!

Recensione libri: La ragazza drago – L’ultima battaglia, Licia Troisi

TRAMA:

Nidhoggr, la malvagia viverna che un tempo cercò di distruggere l’equilibrio della natura, è tornato. Il sigillo che lo teneva imprigionato è stato infranto e il suo potere ha soggiogato la Terra intera, trasformando tutti gli uomini in mostri disposti a qualunque sacrificio per sconfiggere Sofia e gli altri Draconiani. La loro missione è trovare il frutto di Thuban, l’ultimo e il più importante dei cinque globi magici che faranno risplendere di nuova vita l’Albero del Mondo e riporteranno sulla Terra il regno di Draconia. Ma Ofnir, il nuovo alleato delle viverne, ha frantumato il frutto contro il sigillo per liberare il suo padrone, e i frammenti sono nascosti in tre luoghi misteriosi sparsi per l’Italia. Nell’ultima, fatale battaglia che Sofia dovrà combattere, ostacoli imprevisti si opporranno alla vittoria: i draghi che hanno sempre vissuto nel cuore dei suoi compagni rischieranno di svanire per sempre, e con loro il regno di Draconia…

RECENSIONE:

L’ultima battaglia è il quinto e ultimo volume della saga de “La ragazza drago“. Recensire solo l’ultimo volume potrebbe essere fuorviante, ma, in parole povere, basti sapere che i quattro volumi precedenti sono libri semplici, banali, senza nessun punto notevole da segnalare. Nessun vero pregio – secondo me – e nessun difetto abissale che ne rende rilevante in un senso o nell’altro la lettura.
Però, visto che ho l’insopportabile abitudine di tentare di portare a termine le saghe che comincio, mi sono allegramente incartata anche nella lettura di quest’ultimo volume, senza nessuna aspettativa e senza nessuna reale speranza, prima di affrontarlo, se non quella di non restare totalmente disgustata.
Sorprendentemente, però, si è rivelato un libro che considererei semplicemente brutto, se non fossi un’inguaribile generosa: pertanto lo considererò giusto brutto con riserva.

Il fatto è che questo libro, in fin dei conti, è stato una delusione. Non perché l’alto livello dei capitoli precedenti avesse fatto sperare in un finale epico, tutt’altro: perché, nonostante la mediocrità degli altri quattro volumi, questo episodio, all’inizio, sembrava essersi rivelato promettente. Il prologo e lo scoppiettante primo capitolo, insomma, avevano fatto ben sperare: sembrava prometterci azione, avventura, e seri sacrifici e dolori da parte dei ragazzi draconiani. Mi aspettavo un percorso complesso per trovare una soluzione alla difficile situazione con cui ci troviamo nelle prime pagine, e speravo in qualcosa che, dopo quattro libri anonimi, mi facesse dire “Ma dai, ne è valsa la pena”.
Purtroppo affidare troppe speranze ad un’autrice che già si sa accarezzare raramente la sufficienza è sempre una mossa azzardata. Infatti, già dal secondo capitolo, ci si ritrova ad avere a che fare con le stesse solite forzature, con la stessa trama impalpabile e, insomma, col contrario di tutto ciò che sembrava esserci stato promesso all’inizio del libro.
La scrittura della Troisi, nonostante anni di critiche da più fronti e di accurate analisi di ciò che dovrebbe cambiare, non sembra essere minimamente migliorata. Le descrizioni continuano ad essere semplicistiche e ripetitive fino alla nausea (qualcuno le regali un dizionario di sinonimi, ve ne prego. Per dirne una, quando i ragazzi si dividono per cercare tre pezzi dello stesso oggetto e tutte e tre le volte ci viene descritto allo stesso, identico modo, stavo rischiando un attacco d’isteria. E’ così difficile variare leggermente il registro a seconda dei diversi ragazzi, o utilizzare termini differenti che non renda la lettura un eterno déjà vu?). Il PoV continua imperterrito ad essere altanelante al punto da sfiorare la schizofrenia. Abbiamo a che fare con sei ragazzi, il cui punto di vista, spesso e volentieri, viene approfondito in sequenza senza quasi farci capire chi sta pensando cosa. Il momento in cui lei pensa quanto è figo lui e nel rigo succssivo lui pensa quanto tiene a lei, è un momento di toccante deficienza confusionaria. La trama, come già detto, resta totalmente inconsistente nonostante le promesse iniziali.

Invece di regalarci lo scontro finale epico che ci eravamo preparati a gustare, in questo libro la Troisi continua a tirarla per le lunghe con una sola motivazione: dare il tempo ai sei draconiani di andare totalmente fuori personaggtio e accoppiarsi (non in senso biblico) allegramente tra di loro. Ogni spossante capitolo sembra un’insipida scusa per fare unire più a fondo maschietti e femminuccie, gestiti con un’impacciataggine a dir poco imbarazzante. La ricerca dei frammenti non è solo un’insopportabile scusa per allungare il brodo all’inverosimile, servono all’autrice per riempire le pagine di smancerie totalmente fuori luogo in quella che ricorda vagamente un’apocalisse zombie che solo la rapidità può scongiurare.
Quando finalmente arriviamo all’agognata conclusione, nonostante le accurate preparazioni, tutto si svolge, in breve, ad una velocità immotivata e inspiegabile: i pochi sacrifici che i nostri eroi erano stati costretti ad affrontare si sono rivelati non essere dei veri sacrifici, e, nonostante il briciolo di fatica che ha comportato l’arrivare fin lì, tutto si è rivelato essere di una semplicità quasi offensiva.
L’epilogo, poi, cui avevo abbandonato le mie residue speranze, si è rivelato inconcludente e quasi odioso nel modo in cui si sbologna tutti i problemi in modo totalmente irrispettoso delle aspettative del lettore. In modo totalmente insensato la situazione, dopo quello che ho già definito essere simile ad una sorta di apocalisse zombie (ma senza zombie), ritorna ad un periodo precedente, e assolutamente nessuno conserva memoria di quanto successo, a parte i sei draconiani. Ma perché, se non è rimasto più nulla in Terra che conservi un tale potere? Perché sì. Probabilmente perché era troppo difficile per la nostra cara scrittrice trovare un finale che fosse contemporaneamente sensato e che le permettesse comunque di chiudere con il classico e vissero felici e contenti.
Infine, nonostante le numerose critiche ricevute sull’argomento, la nostraLicia sembra non avere ancora imparato che, ad un lettore anche solo minimamente informato, farebbe piacere non leggere ogni qual volta di armi costruite con materiali improbabili, dalle impugnature scolpite in taglienti pietre preziose dalle forme quasi letali.
Insomma, nonostante l’inizio promettente, mi ha infastidito e mi è piaciuto persino meno dei volumi precedenti.
La mia generosità va solamente perché, al solito, l’unico pregio che la Troisi si ritrova è quello di scrivere in una maniera scorrevole che, nonostante tutto, permette di godersi qualche ora di lettura intensa staccando la mente da tutto.

VOTO: 4.5/5